23 Febbraio 2010

Nella fabbrica del televoto Cosa succede nell’ urna della tv

ALTRO che riforma della Costituzione o revisione della legge elettorale. Il problema numero uno della videorepubblica italiana – Sanremo docet – è un altro: l’ attendibilità del televoto, lo strumento di democrazia più avanzato nella civiltà dell’ etere. I primi dubbi sulla sua trasparenza avevano iniziato a serpeggiare nel 2000, quando un’ agenzia di stampa con doti divinatorie aveva annunciato l’ eliminazione dal Grande Fratello di Francesca – una delle favorite – con 34 minuti di anticipo rispetto alla chiusura delle votazioni. Poi è arrivato l’ outing di Lele Mora, autoaccusatosi di aver speso 25mila euro tra servizi di call-center e schede telefoniche per pilotare la vittoria (puntualmente arrivata) di Walter Nudo a L’ Isola dei famosi . Il contestatissimo esito del Festival di Sanremo ha però fatto scoppiare il bubbone. Va bene il successo di Valerio Scanu. Ma il secondo posto di Pupo e a Emanuele Filiberto ha spiazzato un po’ tutti, gettando più di un’ ombra sui meccanismi di voto. Possibile che qualche manina interessata piloti le preferenze? Lo sospettano Adoc e Codacons, che hanno chiesto alle autorità di visionare i tabulati. Lo insinuano in rete migliaia di giovanissimi che dopo aver bruciato le loro paghette settimanali per Marco Mengoni & c., faticano a spiegarsi l’ exploit dell’ ugola d’ oro di Casa Savoia. Come sono state raccolte e catalogate le loro preferenze? Ci sono davvero falle nel sistema? Ecco come funziona davvero la fabbrica del televoto e chi in un business che vale 60 milioni l’ anno – che macina fino a 15mila telefonate al minuto – si è arricchito con le chiamate e gli sms del Festival. Il viaggio del voto . 894.003 dal fisso. 48444 dal mobile. Ogni voto espresso per Sanremo è partito così. Una telefonata (prezzo 0,75 euro, oltre un milione di chiamate solo nella serata finale) per selezionare il proprio cantante preferito identificato da un codice numerico. La prima tappa dell’ Odissea del televoto è sul server dell’ operatore interessato. La rete già a questo livello ha alcuni filtri automatici. Un tetto per il numero di telefonate dalla stessa utenza fissato dal regolamento – 5 per puntata al Festival, 100 ad Amici , una per programma per quelli gestiti da Mediaset – e un software che blocca una singola cella tlc quando dalla stessa area giungono troppi contatti. Un modo per evitare che un call center in stile Lele Mora sommerga di preferenze un concorrente, falsando la classifica. Tutto viaggia in automatico, senza interventi umani. Il voto, una volta in rete, viene dirottato sul server del consulente specialistico, la società incaricata di elaborarlo. A Sanremo la Amuser per il fisso e la Neo Network del gruppo De Agostini-Magnolia (produttori di vari format tv come L’ isola dei famosi ). Un software verificato e certificato dal notaio prima della trasmissione riordina i dati e stila la classifica, una preferenza alla volta. "Il processo dura pochissimi secondi – spiega in camera caritatis il supermanager di una delle due aziende del Festival – ed è alla luce del sole. I dati sono conservati dal nostro server e da quello dell’ operatore tlc, non ci possono essere incongruenze. E sono a disposizione delle autorità competenti che volessero visionarli". Il notaio che ha dato l’ ok al programma di elaborazione segue dal vivo anche la creazione della classifica. A Sanremo era asserragliato in una stanzetta di 4 metri quadri con quattro postazioni di computer e un maxi-monitor. In teoria ha accesso a tutti i server e può seguire allo schermo ogni fase dell’ elaborazione del televoto. Un’ operazione, va da sé, ciclopica. Di solito si limita a un esame a campione per poi, fiducioso nella tecnologia, certificare i risultati del cervellone. E infilare in una busta il verdetto del Festival. Quanto costa, chi guadagna . Capire condizioni e prezzi del televoto – esposti in caratteri microscopici per pochi secondi nelle sovraimpressioni tv – richiede vista da falco pellegrino e doti di lettura rapida alla Usain Bolt. Sanremo, con i suoi 0,75 euro a chiamata ha tariffe nazional-popolari. Amici , Il Grande Fratello e X Factor costano un euro. Questa quota si paga, in teoria, solo se il voto è registrato e valido. Quando arriva cioè prima dello "Stop al televoto". Un precauzione perché a volte – com’ è successo nella finale di Amici 2008 vinta da Marco Carta con 1,9 milioni di contatti e picchi di 200 sms al secondo – il sistema va in tilt perdendo per strada qualche migliaio di preferenze. Per questo qualche trasmissione, tra cui proprio quella della De Filippi, impone un pedaggio di 12,4 centesimi all’ invio del voto, valido o meno. Il 50% degli incassi – 1,5 milioni nella settimana di Sanremo, 60 in media ogni anno – va agli operatori telefonici. La società di elaborazione ne trattiene il 18% con il resto spartito tra rete tv (7%), produttore dello show (13%) e titolare del format (10%). Mediaset cura i suoi concorsi in proprio ma per i programmi di punta il volante è in mano ai produttori che affidano in appalto il televoto. La Neo Network di Giorgio Gori gestisce – oltre al Festival – L’ eredità e X-Factor , lo show di cui la Magnolia è produttrice e che ha regalato il terzo classificato, Marco Mengoni, a Sanremo. In gran spolvero è anche la Amuser di Stefano Barbolini. La Fascino della De Filippi macina milioni con Amici & C. grazie a un televoto contestato da consumatori e spettatori per i continui cambi di regolamento. La milanese Zeng, Acotel, Tjnet, Buongiorno e Dada, altri protagonisti del settore, raccolgono solo le briciole. Le falle del sistema . Nessuno, naturalmente, ne parla volentieri. Il trucco dei call center di Lele Mora dovrebbe in teoria essere vanificato oggi dai software che tagliano i voti in arrivo da una singola cella telefonica. "E in ogni caso i 25mila euro spesi per Walter Nudo – sostiene la Magnolia – non sono serviti per regalargli la vittoria, ottenuta con scarto maggiore". Ma gli operatori di servizi tlc ad alta tecnologia, ammette nell’ anonimato un supermanager di una rete tv, "sono in grado di far partire migliaia di telefonate in pochi secondi targandole da utenze diverse e da aree del paese non omogenee". Il meccanismo, come ovvio, è caro e macchinoso. E taroccare un concorso come il Festival, deciso da milioni di voti, è quasi impossibile. Ma per format come Grande Fratello , L’ isola dei famosi e X Factor che si giocano su cifre minori – 20mila voti le prime puntate, 3-400mila la finale – il rischio è maggiore. Del resto anche un kolossal come l’ edizione Usa di American Idol (24 milioni di televoti nell’ edizione 2009) è stato travolto dalle polemiche: nel mirino AT&T, sponsor della trasmissione e operatore tlc incaricato di raccogliere le preferenze del gioco, accusata di aver dato una spintarella al vincitore Kris Allen, più telegenico e politically correct del favoritissimo Adam Lambert, dichiaratamente omosessuale. "Quello che manca sono le regole – dice Carlo Pileri, presidente Adoc, l’ associazione nazionale per la difesa dei consumatori – Londra ha messo un tetto legislativo di tre telefonate a puntata. Qui da noi ognuno fa per sé e non esiste non solo il quadro normativo, ma nemmeno qualcuno che controlli". E’ impossibile ad esempio scremare le chiamate di minorenni, in teoria vietate. "E noi abbiamo mail di giovanissime che in poche ore hanno speso centinaia di euro per sostenere un cantante", dice Pileri. Difficile, visti i gusti delle teenager, che si trattasse del principe di casa Savoia.

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