11 Gennaio 2011

Si usa meno l’automobile, così come il treno e l’aereo

Roma. Meno vacanze (-3,2%) e meno cene al ristorante. Si usa meno l’automobile, così come il treno e l’aereo (-3,1%). E ancora. Si compra un paio di scarpe o un vestito in meno (-3,1%). Ma l’italiano sceglie però di non rinunciare alle spese per la salute (+2,5%), per il telefono (+0,4%), per gli elettrodomestici e in generale per tutto il comparto che riguarda l’elettronica (+2,4%). Ecco, sono questi i comportamenti di consumo nel biennio 2008-2009, il biennio della crisi. Le famiglie italiane, certifica l’Ufficio studi della Confcommercio, hanno tagliato del 2,1% medio annuo le proprie spese «compiendo un pauroso salto all’indietro» e cioè tornando ai livelli di consumo del 1999. Si tratta di una tendenza che tra l’altro secondo le previsioni non sembra nemmeno destinata ad esaurirsi a breve. Perché i segnali di ripresa, che pure a conti fatti ci sono, non sono tali – afferma la più importante associazione di categoria dei commercianti italiani – da invertire la rotta e il 2011 resterà un anno difficile. L’Italia cresce e per tre mesi consecutivi la variazione del Pil è stata positiva. Anche Terna, ieri, ha comunicato una ripresa dei consumi elettrici dell’1,8% nel 2010. Ma l’Italia, sostiene Confcommercio, cresce comunque meno di Germania, Usa e Regno Unito e la «vera ripresa» si vedrà soltanto nel 2012. Previsione troppo ottimista, per il Codacons, che la sposta al 2018. Si chiude il 2010, un anno che è sicuramente stato difficile per tutte le imprese del terziario. «Ci ritroviamo con 25.000 esercizi al dettaglio in meno. Si rischia che il 2011 – commenta il presidente della confederazione, Carlo Sangalli – sia ancora un anno di convalescenza» mentre una crescita più robusta dei consumi, stimata intorno all’1,6%, è prevista soltanto il prossimo anno. Da qui parte la richiesta di «una progressiva e compatibile riduzione della pressione fiscale complessiva» per ridare fiato al sistema. In questi due anni di crisi globale, gli italiani hanno decisamente ridotto la qualità e quindi il valore della spesa alimentare (-3,2%) ma non hanno smesso di concedersi, qualche volta, una serata in pizzeria o al ristorante. «Si può rinunciare a una parte della qualità nell’alimentazione domestica – osserva l’ufficio studi – mentre più difficilmente si opera un taglio drastico per la pizzeria o il ristorante (si riduce quasi certamente la frequenza, meno l’importo medio del pasto)». E su un euro speso per mangiare, 50 centesimi sono impiegati per mangiare fuori casa. Quindi, è la conclusione alla quale sono giunti i tecnici e gli analisti della Confcommercio, gli italiani «non hanno subito passivamente la crisi, combattendo quotidianamente, e spesso con successo, una battaglia per mantenere il più elevato possibile il proprio tenore qualitativo in termini di consumo». b.c. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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