7 Settembre 2011

L’ aumento dell’ Iva al 21% la misura di maggior peso

L’ aumento dell’ Iva al 21% la misura di maggior peso
 

ROMA Nel nuovo pacchetto di misure della manovra economica che saranno presentate stamani in Senato come maxiemendamento sul quale il governo porrà la fiducia, spicca l’ aumento dell’ Iva: un punto in più sull’ aliquota del 20%, che passa così al 21%. Una misura che fa cassa subito, andrà a miglioramento dei saldi ma che non potrà essere più spesa per la riforma fiscale. E che pesarà su moltissimi beni: dalle auto alle scarpe, dal vino ai cd, dal parrucchiere ai giochi. Facile immaginare – sottolineano le associazioni dei commercianti – le conseguenze negative sui consumi per le famiglie italiane già alle prese con la difficile congiuntura economica. Per Confcommercio il rischio è che «l’ Italia paghi, tutta insieme, un conto davvero troppo pesante». «Ogni aumento dell’ Iva – sottolinea da parte sua Confesercenti – si va tra l’ altro a sommare ai recenti rialzi delle materie prime che a sua volta stanno surriscaldando l’ inflazione». Per il Codacons la decisione di aumentare l’ Iva è «da irresponsabili» e va a a colpire anche le famiglie più povere L’ aumento dell’ Iva – sottolinea Federalimentare – riguarda un terzo dei prodotti alimentari abitualmente acquistati e, considerato che si viene già da cinque anni di flessione nei consumi alimentari domestici, frena ogni possibilità di rimbalzo della spesa e incentiva l’ inflazione. L’ eventuale incremento dell’ aliquota ordinaria Iva fa salire tra l’ altro l’ Italia in testa alla classifica dei vari regimi di aliquote ordinarie praticati dai maggiori Paesi europei. In Germania è infatti al 19,6%, in Francia al 19,6%, in Spagna al 18%, e in Gran Bretagna si attesta al 20%. L’ altra grande novità della manovra è il nuovo colpo d’ accelerazione per l’ innalzamento a 65 anni dell’ età pensionabile delle donne nel settore privato. Il graduale innalzamento non partirà più dal 2016, come era stato deciso correggendo la norma di luglio che segnava come inizio del timing addirittura il 2020, ma dal 2014. L’ equiparazione dell’ età per la pensione di vecchiaia tra uomini e donne a 65 anni porterà a regime risparmi per quasi 4 miliardi di euro l’ anno. L’ anticipo della partenza del percorso dal 2016 al 2014 porterà l’ andata a regime della misura dal 2028 al 2026 con un risparmio per quell’ anno valutato in 3,9 miliardi e 334 mila donne in più al lavoro rispetto alla normativa attuale. La manovra prevedeva un incremento di un mese per accedere alla pensione nel 2016 per poi crescere negli anni successivi (due mesi nel 2017 con un cumulato di tre mesi, tre mesi nel 2018 con un cumulato di 6 mesi ecc). Con l’ anticipo alla misura deciso ieri l’ aumento dell’ età necessaria per la pensione di vecchiaia partirà nel 2014 con la stessa velocità (si aggiungeranno 6 mesi l’ anno a partire dal 2019 invece che dal 2021). Naturalmente all’ aumento dell’ età necessaria per la pensione di vecchiaia va poi aggiunto quello previsto per il miglioramento delle aspettative di vita già previsto nella manovra del 2010. Nei primi quattro anni, secondo i calcoli dei tecnici i risparmi dovrebbero essere crescenti ma comunque scarsi (circa 700 milioni complessivamente tra il 2015 e il 2017) per poi superare un miliardo l’ anno dal 2018 e crescere rapidamente negli anni successivi. Nel 2021, sempre secondo i calcoli dei tecnici supereranno i 2,3 miliardi, per salire nel 2022 a 2,7 miliardi e nel 2023 a 3,1 miliardi. Se nel primo anno della misura (2014) non sono previsti risparmi né riduzione delle uscite a regime (nel 2026) l’ incremento dell’ età per l’ accesso alla pensione di vecchiaia delle donne dovrebbe bloccare al lavoro 334.000 persone. Nel 2015 è previsto un calo di uscite di 9.000 unità mentre nel 2016 dovrebbero essere circa 23.000. Si supereranno le 100.000 unità bloccate nel 2019 per poi crescere rapidamente e superare le 300.000 unità nel 2024.
 

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