5 Marzo 2009

I carrelli della spesa si svuotano a gennaio crollo dei consumi

Non si arresta la frana avviata a inizio 2008. Per le vendite di beni e servizi riduzione del 4,6% Confcommercio: prezzi giù, ma la gente non compra Ferme le vendite di arredamento e si spende meno anche per il tempo libero

  ROMA – Comperato il cappotto e gli stivali in saldo le famiglie italiane hanno richiuso il capitolo acquisti. I consumi vanno al minimo e il fatto che l´inflazione scenda di mese di mese non spinge all´ottimismo, a spendere di più, a concedersi qualcosa che non sia strettamente indispensabile. I carrelli restano vuoti in attesa di ulteriori sconti, i tagli riguardano un po´ tutto: alimentari e vestiti, certo, ma anche mobili per la casa e investimenti per il tempo libero. Di cambiare l´auto o il motorino, poi, neanche a parlarne. La Confcommercio ha tracciato il bilancio di quanto i negozi hanno venduto a gennaio e il commento sul risultato è lapidario: «l´anno parte male». C´è stata una caduta secca del 4,6 per cento nelle quantità consumate rispetto allo stesso mese del 2008 e il fenomeno ha riguardato quasi tutti i capitoli di spesa, fatta salva quelle in comunicazione che resta positiva (più 4,4 per cento), ma rallenta rispetto al passato. Resta a galla, con un flebile più 0,3 per cento, anche la spesa per ristorazione e ciò – assicura il centro studi della Confcommercio – si spiega solo con il fatto che la struttura della spesa è cambiata. Oggi, spesso, si rinuncia più facilmente ad un vestito non proprio indispensabile che all´uscita in pizzeria. Detto questo la lista dei «meno» è infinita. Si parte dai dati su beni e servizi per la mobilità: l´acquisto di auto e motori per intenderci. Rispetto ad un anno fa il settore è crollato del 24,8 per cento. Un po´ per la crisi planetaria che ha colpito le aziende produttrici, molto per le attese sugli incentivi del governo, che comunque dovrebbero cominciare a produrre effetti positivi solo fra qualche mese. E´ chiaro che quando la fiducia non è alle stelle non si cambia l´arredamento di casa (meno 3,5 per cento), non si spende per tempo libero e ricreativo (meno 1,7 con l´unica eccezione dei concorsi a pronostici, Superenalotto e affini), non si rinnova il guardaroba né si comperano altre scarpe (un meno 1,3 per cento che neanche i saldi hanno potuto compensare), non si corre in profumeria o palestra (sono diminuite dell´1,2 per cento anche le spese in cura della persona). Ma la crisi è più profonda: vanno giù, anche se tendono alla stabilizzazione, pure le spese per alimentari e bevande (meno 1,4 per cento) e – spiega Confcommercio – a nulla è servito il fatto che l´inflazione sia in diminuzione (anche se, precisa l´Istat, in Italia in prezzi alimentari stanno scendendo più lentamente rispetto al resto dell´Europa). «La crisi sarà più lunga e più acuta del previsto – commenta  Carlo Sangalli,presidente dell´associazione dei commercianti – servono politiche espansive». Un´analisi sulla quale sono d´accordo, per primi, i consumatori. «Di fronte a questo allarme ci chiediamo perché il governo non intervenga con misure serie e adeguate, a partire da una immediata riduzione dei prezzi» affermano Adusbef e Federconsumatori che definiscono «preoccupante» soprattutto la costante riduzione dei consumi alimentari e chiedono una riduzione immediata del 20 per cento almeno per i generi di prima necessità, come pane, latte, carne. Visti gli aumenti mai riassorbiti registrati nei mesi scorsi, calcolano i consumatori, «in mancanza di seri interventi le famiglie italiane si trascineranno dietro, anche per il 2009, un maggior costo per l´alimentazione di ben 564 euro l´anno».  L´idea dal taglio ai listini del 20 per cento piace anche al Codacons che lanciato sul tema una campagna web. «Il calo dei consumi non è dovuto ad un capriccio dei consumatori, ma è una vera e propria necessità – si legge nel blog del presidente Rienzi – Se lo stipendio non basta più ad arrivare a fine mese, i cittadini reagiscono limitando le spese. Ormai, senza una riduzione dei prezzi l´Italia non può andare da nessuna parte».

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