Fra televoto e giurie il pasticcio pericoloso
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fonte:
- la Repubblica
SANREMO Potrebbe vincere perfino Al Bano (che col televoto, non dimentichiamolo, nel 2007 arrivò secondo). Anche ieri, nel vortice del televoto dei ripescaggi, per lui c´è stato un autentico plebiscito. Per non parlare di Marco Carta, Sal Da Vinci, Povia, seguiti a ruota da Alexia (favorita per le scommesse di Snai) tutti probabili eroi da messaggini di popolo. Insomma i pronostici preoccupano, giustamente, e mettono sempre più in dubbio questa follìa del televoto. Su cui si sono abbattute le proteste dei discografici e persino un esposto del Codacons alla Procura di Roma che aprirà un fascicolo come atto dovuto. Il televoto sarà pure adatto a programmi come X-Factor e Amici, non certo per giudicare un festival che, mai come quest´anno, ha dimostrato e ampiamente vinto l´ambiziosissima scommessa di riportare la centralità della musica all´interno dello spettacolo. Chissà perché, tra le polemiche dei compensi nessuno si è meravigliato più di tanto per l´enorme flusso di soldi che scorre nelle casse dei gestori telefonici, Telecom in primis. Basta pensare che solo per il concorso dei giovani sul web sono arrivati circa un milione di voti, a 0,70 euro ciascuno. Fare i conti è facile. Tanti, tantissimi soldi. E molti altri stanno affluendo. Troppi, considerando la totale inaffidibilità di questo sistema, poco controllabile, privo di merito, che legittima pruriti domestici e, peggio ancora, l´investimento di lobby e fan club. Oltretutto la Rai ha deciso che ogni singolo utente può esprimere sette voti. Il che vuol dire una spesa di 4,90 euro ciascuno, laddove un singolo voto, a fini statistici, avrebbe dato lo stesso identico risultato. La giustificazione è che questo consente a una famiglia di differenziare il voto. Ma considerando che in una famiglia esistono più telefoni, moltiplicare per sette significa soprattutto moltiplicare il guadagno e favorire chi ha più soldi da investire. Perché questo enorme regalo ai gestori telefonici? Non che le giurie demoscopiche abbiano fatto di meglio, anche loro costate qualcosa come cento o duecentomila euro a sera, abbastanza per fare la ola in sala e buttare fuori gara le canzoni più belle. In realtà ci sono correttivi, ma chi ha messo a punto i meccanismi del voto ha usato criteri degni di un "Mattarellum". Nelle ultime due serate ci sono ben otto diverse votazioni, con correttivi proporzionali ripartiti tra i professori d´orchestra (il loro voto è la vera novità di quest´anno), i giornalisti e gli operatori delle radio. Un vero pastrocchio che in realtà mette a dura prova qualsiasi pronostico. Le giurie demoscopiche hanno dimostrato la massima incoerenza espellendo Al Bano e gli Afterhours, il televoto è un terno a lotto che premia i più capaci di mobilitare sms o di spendere più soldi. E tutto questo appare sempre più incongruo in un festival per molti versi sorprendente. Si può dire tutto, si può criticare tutto, ma è fuori di dubbio che una serata come quella di giovedì al festival non s´era mai vista. Quasi inverosimile, pura fantascienza, pensando alle passate edizioni. Buone le nuove proposte, bravi i grandi della canzone, da Pino Daniele a Burt Bacharach, insomma un profluvio di buona musica che da queste parti non s´era mai neanche intravisto. E per di più con ottimi dati d´ascolto. Ma allora, caro Bonolis, perché non compiere fino in fondo il passo del cambiamento? A che serve portare buona musica, mettere in piedi un meccanismo gigantesco e poi non proteggere la musica? La soluzione ci sarebbe, neanche troppo complicata, e per di più meno scandalosamente costosa di questi barocchi e involuti meccanismi di voto. Basta prendere a esempio l´Oscar o i Grammy, creare una giuria allargata di esperti, di tutti i generi, dai produttori ai discografici, dai consumatori ai musicisti stessi, una grande Academy musicale in grado di esprimere valutazioni sensate. Così forse, per una volta vincerebbe davvero il migliore.
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