11 Gennaio 2021

Vini e piatti tipici in tavola a Natale per Confcommercio vendite su del 2%

 

di Mirko Giustini Per pranzi e cene di Natale i romani hanno speso più della media nazionale. È quanto emerge dai dati raccolti da piccoli imprenditori e grandi magazzini. Dopo giocattoli, elettronica, cosmetica e abbigliamento, i regali più gettonati sono stati proprio i generi alimentari. I quali, rientrando tra i beni di prima necessità, hanno goduto di una maggiore tutela rispetto ad altre filiere danneggiate dalle chiusure preventive. La Confcommercio locale però invita alla prudenza e si limita a parlare di un timido trend positivo. «In confronto allo scorso dicembre quest’anno le vendite sono salite appena del 2 per cento – così il direttore Romolo Guasco –. Il settore non si è mai veramente fermato, ma a beneficiarne di più sono stati i negozi di quartiere. Tra i viveri più richiesti le bottiglie di vino, tanto per il consumo quanto per i doni, e l’occorrente per gli impasti: restando a casa anche sotto le feste, c’è chi ne ha approfittato per portare a tavola i piatti tipici della tradizione».

Accanto ai materiali per il fai da te in cucina, sono andati a ruba anche pandori, panettoni, addobbi per la casa, crostacei, salmoni, spumanti, cioccolato, salumi e formaggi. Lo fa sapere il gruppo Carrefour, che con la piattaforma delivery e le collaborazioni con le catene Supermercato24 e Glovo ha incrementato i servizi di e-commerce. A trarre vantaggio dai marketplace su Internet anche il marchio Conad. Grazie a lockdown e smart working il sito della compagnia ha registrato dieci milioni di euro di spesa online. L’accelerazione del 3,6 per cento nell’ultimo trimestre ha fatto salire la crescita annua al 2,6 per cento. Le sedi più performanti quelle di Latina, Roma e Frosinone. «L’incremento tuttavia non è uniforme: i punti di attrazione lontani da paesi e città evidenziano perdite consistenti, mentre è innegabile che, avendo le chiusure condizionato la mobilità e i flussi della clientela, quelli di prossimità hanno tratto qualche vantaggio da questa situazione – precisa il responsabile d’area Massimo Ladisa –. Abbiamo riscontrato una contrazione delle presenze, determinata da una minore frequenza di ingressi, a cui è corrisposto un conseguente aumento della cifra media. L’utente ha posto ancora più attenzione alla convenienza. Si percepisce poi un minore interesse per i prodotti voluttuari e una certa propensione a cibi ritenuti indispensabili, come frutta e verdura fresche, quelli per la colazione e gli ingredienti di base per la preparazione di lievitati, come farina, zucchero, uova e patate».
Se supermercati e rappresentanti di categoria presentano un bilancio tutto sommato positivo, di diverso avviso sono le associazioni dei consumatori. Per il Codacons, ad esempio, nel 2019 le compravendite nei mesi invernali sono state più alte del 12,5 per cento. Oggi invece, con un’uscita media per famiglia di 345 euro, il giro d’affari complessivo ha toccato i 465 milioni, di cui quasi il 28 per cento destinato alla gastronomia per cesti regalo o appuntamenti conviviali. «I cittadini hanno comprato alimenti per 130 milioni nelle botteghe urbane e 250 in quelle regionali, con cali del 5 e del 7 per cento – spiega Gianluca Di Ascenzo, coordinatore legale per il Lazio –. Determinanti sono stati gli effetti del coronavirus: sul volume degli acquisti hanno inciso da un lato un generale impoverimento della popolazione, dall’altro limiti e divieti

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