Un Paese in gioco
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fonte:
- L`Espresso
Fino a pochi anni fa il gioco d’ azzardo era confinato in una nicchia ai margini della legge. Oggi l’ Italia assomiglia a una gigantesca bisca di Stato. Solo negli ultimi dieci anni, tra lotterie, new slot, jackpot e scommesse di ogni tipo, ci siamo giocati più di 400 miliardi di euro. Una cifra pazzesca: più di un quinto di tutta la montagna di debito pubblico accumulato dall’ Italia in 150 anni di storia. E mentre la recessione sconvolge l’ economia mondiale, il business del gioco legale non conosce crisi, anzi è in continua crescita: nel 2011 le puntate degli italiani sono arrivate a superare la quota record di 6 mila milioni al mese e l’ anno si dovrebbe chiudere con un totale di oltre 72 miliardi. Il poker cash, che è solo l’ ultima trovata on line, è fresco di legalizzazione, eppure già raccoglie poco meno di un miliardo al mese. Un mercato spaventosamente liquido, diviso tra pochi grandissimi concessionari e decine di migliaia di imprese minori, con regole davvero speciali. La più vistosa è che le tasse sono molto basse. E nell’ ultimo decennio i governi di ogni colore hanno fatto a gara per ridurle. Quindi l’ affare è sempre più ricco, ma l’ indebitatissimo Stato italiano si accontenta, a conti fatti, di un settimo della torta. Mentre la Guardia di Finanza svela che l’ illegalità è diffusissima. E i magistrati più attenti avvertono che scommesse illecite e giochi anche leciti rappresentano "la nuova frontiera della criminalità mafiosa". Primi al mondo . C’ era una volta un divieto generale, con rare eccezioni: totocalcio, lotto e scommesse regolari sui cavalli. Dalla fine degli anni ’90 è iniziata la liberalizzazione. All’ italiana. In Svizzera, prima di aprire 22 nuovi casinò, il governo ordinò un’ indagine epidemiologica per studiare i danni del gioco. In Italia, come avverte una ricerca del Censis sostenuta dal Codacons, "non c’ è stato anno, dal 1997 in poi, in cui l’ esecutivo non abbia introdotto nuove offerte di gioco d’ azzardo pubblico". Senza analisi né precauzioni. Da Berlusconi a Prodi, dai decreti di Bersani alle manovre di Tremonti, tutti i governi hanno continuato a regalare nuovi spazi alle piccole e grandi imprese del gioco organizzato, spesso ben agganciate ai partiti. E nell’ illusione di togliere acqua alle scommesse illegali (un business stimato in circa 20 miliardi all’ anno), i politici hanno ridotto le tasse a un’ aliquota media al 13,5 per cento, che crolla a una microscopica "imposta unica del 3 per cento" per i giochi di carte on line, il nuovo settore in turbo-accelerazione. Il risultato è che le puntate degli italiani hanno fatto il botto: dai 15 miliardi del 2003 si passa agli oltre 61 del 2010, con almeno 72,5 miliardi previsti per l’ anno in corso ( vedi l’ interattivo ). Le entrate fiscali però restano ferme o addirittura calano. E i super profitti dell’ azzardo di Stato vengono privatizzati. Tirando le somme, dal 2003 al 2006, quando gli italiani si erano giocati la bellezza di 103,7 miliardi, lo Stato ne aveva recuperati 23,6, cioè quasi un quarto. Nel successivo quadriennio 2007-2010 le puntate sono raddoppiate (oltre 205 mila milioni), ma le entrate fiscali sono sprofondate a un sesto del totale (32,6 miliardi). Anche perché i giochi di maggior successo, caso strano, sono i meno tassati. Nonostante la crisi e lo stratosferico debito pubblico italiano. Il fiume straripante di denaro privato sta modificando l’ identikit di intere categorie. I tabaccai ormai incassano, in media, quasi metà dei ricavi dalle lotterie d’ ogni tipo. E il mercato è dominato dalle macchinette diffuse in decine di migliaia di bar: sui 48,3 miliardi giocati da gennaio ad agosto di quest’ anno, ben 27,2 sono stati ingoiati da "new slot" e "videolotterie (vlt)". L’ agenzia specializzata Agicos informa che "in Italia sono attivi 320 mila apparecchi elettronici e almeno 30 mila vlt, con altre 27 mila già autorizzate". "Per spesa pro capite siamo già i primi al mondo", spiega il direttore Fabio Felici, "e con l’ asta di fine anno supereremo quota 400 mila". Il che equivale a una macchinetta mangiasoldi ogni 150 abitanti: come avere un mini-casinò in ciascun condominio.
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