Trivelle, a caccia del quorum
a tre settimane dal voto la campagna elettorale è accesa dalle polemiche
• ROMA. Domenica 17 aprile gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su un referendum sulle trivelle promosso da 9 consigli regionali (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise), sostenuti da alcune associazioni e movimenti in difesa per l’ ambien te, tra cui il coordinamento No Triv. Sul quesito abrogativo pesa, com’ è noto, la spada di Damocle del quorum: affinché il risultato sia valido dovranno andare alle urne il 50% degli italiani più uno degli aventi diritto, come prevede l’ articolo 75 della Costituzione. Chiaro il quesito che comparirà sulla scheda: si chiede che, al momento della scadenza delle concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane, anche in caso di presenza di altro gas o petrolio, andando a cancellare l’ articolo 6 comma 17 del Codice dell’ Am biente, in cui si contempla la possibilità che le trivellazioni continuino fino a quando le risorse del giacimento lo consentono. U n’ eventuale vittoria del «sì» stopperà le concessioni per estrarre gas o petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana alla scadenza dei contratti. Di fatto, quindi, il quesito referendario non coinvolgerà le 106 piattaforme petrolifere attive lungo le no stre coste per l’ estrazione di petrolio o metano. Sono invece coinvolti dall’ esito referendario gli impianti di Guendalina (Eni) nell’ Adriatico, il Gospo (Edison), anch’ esso nell’ Adriatico e il giacimento Vega (Edison) di fronte a Ragusa. Il quesito, com’ è noto, è il solo rimasto in campo tra i sei promossi dai 10 consigli regionali, dopo che il movimento politico «Possibile», a settembre del 2015, non era riuscito a raccogliere le 500mila firme per chiedere un referendum popolare in tema di ricerca e estrazione degli idrocarburi. Non va dimenticato però che il governo, nell’ ambito della Legge di Stabilità ha proposto modifiche sugli stessi temi toccati dai referendum; a fronte di ciò, poi la Cassazione ha riesaminato i quesiti e l’ 8 gennaio ne ha dichiarato ammissibile soltanto uno. Alcuni consigli regionali (Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania) hanno presentato un conflitto di attribuzione alla Consulta relativamente a due quesiti, vale a dire il «piano delle aree» e il «regime delle concessioni». Che tuttavia, il 9 marzo sono stati dichiarati inammissibili dalla Corte Costituzionale. La scelta della data è stata oggetto di forti polemiche legate al possibile accorpamento del referendum alle amministrative, come sollecitavano i promotori. Infatti sono in molti, anche tra le regioni, a ritenere a forte rischio il superamento del quorum, preferendo di gran lunga la soluzione «election day». Soluzione che continua a chiedere il Codacons, che ha promosso un ricorso al Tar del Lazio. Ma i giudici amministrativi diranno la loro il 13 aprile, a poche ore dall’ apertura ufficiale dei seggi.
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