21 Dicembre 2011

Tregua armata sui farmaci liberi  

Tregua armata sui farmaci liberi
 

La formulazione finale dell’ articolo 32 nel decreto salva-Italia, lascia l’ amaro in bocca ai proprietari delle oltre 160 parafarmacie romane. Aggira invece il rischio, secondo il presidente dell’ Ordine dei farmacisti di Roma, Emilio Croce «di indebolire il servizio farmaceutico e di pregiudicarne il corretto funzionamento, aumentando le criticità nell’ impiego dei farmaci». In attesa che che il Governo a gennaio torni all’ attacco sul capitolo liberalizzazione – come promesso nei giorni scorsi dal sottosegretario Antonio Catricalà e dal ministro dello Sviluppo Corrado Passera – la norma "corretta" in Parlamento sulla vendita dei medicinali di "fascia C" (quelli interamente a carico del cittadino), che nella nuova formulazione affida all’ Aifa (l’ agenzia del farmaco) il compito di individuare i prodotti vendibili negli esercizi di vicinato e nei corner della grande distribuzione, fa tirare un respiro di sollievo alle 711 farmacie della capitale. Un servizio, quello farmaceutico «che tra quelli del Ssn, gode del maggior grado di apprezzament0 da parte degli utenti», sottolinea Croce, e che ha perso redditività nell’ ultimo decennio: «Secondo uno studio dela facoltà di Economia della Sapienza, a fronte di un aumento costante dei costi operativi, nel 2010 le farmacie della nostra Regione hanno registrato una secca diminuzione del risultato operativo (-15%) e un conseguente drammatico abbattimento dell’ utile ante-imposte, precipitato del 31,1%». «L’ emendamento approvato all’ articolo 32 è un colpo di mano», ribatte Massimo Brunetti, segretario nazionale dell’ Anpi (Associazione parafarmacie italiane) a cui fa eco Giuseppe Scioscia, presidente del Forum delle Parafarmacie, per il quale «non ha più senso chiamare questa norma una liberalizzazione» dal momento che il numero di farmaci di fascia C vendibili sarà ridotto e di scarsa rilevanza economica. «I cittadini – continua Scioscia – hanno il diritto di scegliere dove acquistare i farmaci che pagano di tasca propria». Tanto più in una città come Roma ad alto flusso di turisti che «di domenica trovano difficoltà a rintracciare farmacie aperte nel centro storico». Turisti, che fanno parte di quel numero variabile di presenze sotto la lente del Rapporto Anpi «La farmacia in Italia» (giugno 2011). Dall’ incrocio con l’ ultima rilevazione Istat sulle presenze negli esercizi ricettivi (2008), ogni giorno sono oltre 130mila i visitatori a Roma, città che ha già un elevato rapporto tra abitanti residenti e farmacie rispetto ad altri comuni a forte vocazione turistica come Venezia (rispettivamente 3.992 contro 2.821). «Lo sviluppo delle parafarmacie – spiega Rossella Miracapillo, responsabile dell’ osservatorio Farmaci e salute del Movimento consumatori – ha permesso di coprire zone scoperte dalle farmacie, posizionate sulla zona di massimo passaggio dell’ area di assegnazione. Senza contare che la vendita del farmaco di automedicazione in parafarmacia ha abolito l’ obbligo del prezzo imposto». Sulla stessa linea anche il Codacons: «La liberalizzazione – sostiene il presidente Carlo Rienzi – può realmente apportare vantaggi tangibili ai consumatori, senza comportare un utilizzo promiscuo e indiscriminato di medicinali e un incremento dei consumi» . Per Altroconsumo il risparmio per i cittadini si aggirerebbe intorno ai 500 milioni di euro l’ anno: «Rivedere le regole e applicare un monitoraggio dei prezzi – afferma Paolo Martinello, presidente dell’ associazione – svecchierebbe il mercato» . «Prima di proporre modifiche legislative – riflette però Massimiliano Dona, segretario generale dell’ Unione nazionale consumatori – sarebbe bene approfondire e dare uno sguardo più complessivo al settore di riferimento ». © RIPRODUZIONE RISERVATA
 

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