4 Luglio 2011

Tamarreide, quei personaggi tv trattati da insetti in un terrario

Tamarreide, quei personaggi tv trattati da insetti in un terrario
 

Tamarreide: già in questo brutto titolo allusivamente epico è contenuto l’ errore fondamentale del programma: che consiste proprio in quella "presa di distanza ironica" che Mediaset in un comunicato rivendica invece come un pregio.
Evidentemente ispirato all’ americano Jersey Shore , il programma riunisce in uno sleeper bus in giro per l’ Italia otto "tamarri", quattro ragazze e quattro ragazzi; più reality in realtà che docu-fiction, perché la fiction si riduce a costruire alcune situazioni basiche (incontro con tamarri storici, ville senza chiave, gelosie indotte) in cui si spera che i ragazzi diano il peggio di se stessi.
Nel programma americano la campionatura sociologica è chiara: i "guidos" sono gli italo-americani giovani, rozzi e vistosi, che spontaneamente si riconoscono come gruppo chiuso.
Qui il "tamarro" risulta invece definizione assai lasca: nel bus troviamo riuniti una milanese ricca di buoni studi e dall’ italiano impeccabile ("nel suo subconscio…"), un contadino siciliano campione di thai-boxe, un coatto romano simpaticissimo, una barista romagnola solida "che punta sulla simpatia", una napoletana con la sesta di reggiseno e via andare: il casting sembra fatto in discoteca con una rete a strascico, o con gli avanzi del Grande Fratello.
La conduttrice Fiammetta Cicogna sembra che abbia paura di contaminarsi, dice "i due esemplari di tamarro maschio" e tratta quei poveri ragazzi come se fossero insetti in un terrario; il semplice italiano regionale viene "tradotto" da sottotitoli inutili che vorrebbero essere spiritosi ("me pare d’ esse ar Pincio", sottotitolo "mi sembra di essere al Pincio"); gli strafalcioni ("più peggiore") vengono stampati in alto sullo schermo; Abruzzese e Alberoni, in siparietti registrati, cercano di allargare il discorso passando dai singoli casi a una "generazione che lavora sulla rappresentazione simbolica di se stessa", ma non possono fare altro che commentare da lontano.
A tutto hanno pensato gli autori tranne che ad ascoltare i ragazzi e a guardarli vivere; per partito preso moralistico si sono persi le cose interessanti: il sesso interpretato come un calmante ("almeno mi tengo calda nel pullman"), la generosità e il rispetto spontanei, l’ eclissi e l’ illeggibilità dei sentimenti, lo sbriciolarsi dei codici antichi del sottoproletariato ("non alzare mai le mani davanti alle donne").
Hanno preferito sottolineare l’ ignoranza crassa ("sono monumenti degli Spartani" in Piazza della Signoria a Firenze), o l’ idillio rusticano ("tu sei la cassetta e io sono il limone").
Peccato: l’ idea era buona, l’ intenzione probabilmente progressista – ma hanno avuto paura del perbenismo, del Moige, del Codacons .
La cosa veramente volgare del programma non sono le nudità o le parolacce, è la puzza sotto il naso con cui gli autori hanno finito per trattare l’ argomento.
Un programma del genere, o non lo fai, o se lo fai allora devi entrarci dentro: la volgarità (come quasi sempre) sta in una violenta mancanza d’ amore.

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