Svolta nella linea difensiva di Sozzani Chiede di patteggiare 2 anni di carcere
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fonte:
- La Stampa
L’ intenzione è stata formalizzata: il deputato di Forza Italia, Diego Sozzani, ha chiesto di patteggiare una pena a due anni di carcere nel corso dell’udienza preliminare della maxi inchiesta «Mensa dei poveri», che nel maggio 2019 travolse la politica lombarda, svelando un complesso sistema di mazzette, appalti e nomine pilotate. Ma per sapere se la richiesta che il suo difensore Massimo Dinoia ha fatto mettere a verbale ieri troverà l’accordo della procura e verrà poi accolta dal giudice Natalia Imarisio bisognerà attendere l’ luglio. E’ andata avanti fino al pomeriggio, in un’aula della Fiera di Milano, seconda puntata dell’udienza preliminare che vede alla sbarra centodue imputati, partire dal «burattinaio» Nino Caianiello, il ras di Forza Italia a Varese, che per molti anni ha gestito il «sistema» ricostruito dagli investigatori e poi ha deciso di collaborare con i pm. Anche lui punta a patteggiare 4 anni e 10 mesi di prigione. Così come ha manifestato la stessa volontà il presunto «collettore di tangenti», il novarese Mauro Tolbar, inizialmente collaboratore di Sozzani, poi divenuto «braccio destro» di Caianiello. Per Sozzani la procura aveva chiesto gli arresti domiciliari, ma la misura non è mai stata applicata per via del voto contrario della Camera. Fino in Cassazione, il deputato ha provato a chiedere la revoca, ma i ricorsi sono sempre stati respinti. Ora i pm Luigi Furno, Silvia Bonardi e Adriano Scudieri lo accusano di finanziamento illecito e corruzione col suo collaboratore Tolbar. Agli atti dell’inchiesta ci sono due consulenze del valore complessivo di oltre 60 mila euro che il suo studio avrebbe ottenuto grazie all’aiuto di Caianiello in cambio della «retrocessione» del dieci per cento dei soldi incassati. Il primo incarico fu affidato a Greenline, lo studio tecnico associato con sede a Novara di cui Sozzani è legale rappresentante, il 7 febbraio 2017: una consulenza per valutare la «fattibilità tecnico economica di un impianto di trattamento termico dei fanghi di depurazione per il depuratore di Sant’Antonio Ticino» del valore di oltre 36 mila euro. Il secondo incarico risale invece al 26 gennaio successivo. L’oggetto questa volta è «la ricerca di una società fornitrice di impianti di essiccamento di fanghi di depurazione» la «redazione di uno studio preliminare sui possibili impatti ambientali» per altri 28 mila euro. Ma il deputato forzista è accusato anche di aver ricevuto un finanziamento illecito da 10 mila euro nel marzo 2018 dall’imprenditore della Ecol Service di Corsico (alle porte di Milano), Daniele D’Alfonso tramite una fattura falsa. Una «mazzetta» per finanziare la sua partecipazione alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, materialmente incassata da Tolbar. Per i magistrati quest’ultimo è il «faccendiere» che curava «gli interessi dell’associazione facendo da «intermediario tra il pubblico agente corrotto e il privato corruttore», in grado di commettere «una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione». L’ultimo dei novaresi finiti davanti al gup è Gian Maria Radaelli, socio della Giroscopio consulting srl di Arona, cui i pm contestano alcune fatture per operazioni inesistenti. Col suo avvocato Clarissa Tacchini sta valutando la messa alla prova: entro l’udienza dell’ giugno potrà formalizzare l’e richiesta.
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