11 Agosto 2019

Sul futuro governo il macigno dell’ Iva Le clausole costano 687 euro a famiglia

così il calcolo di confesercenti, mentre il codacons alza il totale a 1200 euro includendo i costi indiretti
PAOLO BARONI ROMA Gli aumenti dell’ Iva sono la principale mina piazzata lungo il percorso che va dalla crisi di governo che sta per aprirsi all’ insediamento di un nuovo esecutivo, a prescindere che si torni o meno a votare. In ballo ci sono, come è noto, aumenti per 23,1 miliardi di euro nel 2020 e per 28,8 nel 2021. E se per sventura il nuovo governo non riuscisse ad approvare in tempo la legge di bilancio e si dovesse entrare in regime di esercizio provvisorio gli aumenti sarebbero inevitabili: dal primo gennaio del prossimo anno l’ aliquota ridotta, che oggi è fissata al 10%, salirebbe infatti al 13%; quella ordinaria oggi al 22% andrebbe al 25,2%. L’ Iva al 13% su una gamma di beni che va dai prezzi dell’ energia agli spettacoli alla somministrazione di alimenti e bevande (bar e ristoranti) a tanto altro ancora frutterebbe 8,7 miliardi. L’ Iva al 25,2% – aliquota che pesa su vino, abbigliamento, calzature, elettrodomestici e telefonia, auto, onorari di liberi professionisti, ecc. – farebbe invece incassare allo Stato 14 miliardi, destinati a salire a 19,7 nel 2021 con l’ Iva al 26,5. Secondo le stime della Confesercenti le famiglie italiane in media dovrebbero così sborsare 687 euro in più l’ anno: 112 euro in più di spese per l’ abitazione, 62 euro per gli alimentari, 36 euro per i trasporti, 15 euro per i servizi sanitari e 93 euro per tutti gli altri beni e servizi. Questo a parità di consumi: cosa però tutt’ altro che scontata. L’ ultimo studio Confesercenti/Cer, a causa di questi rincari, ipotizza infatti per il 2020 un calo dei consumi per almeno 8 miliardi di euro, ovvero 311 euro in meno a famiglia. Sarebbe l’ ennesimo calo dopo i 32 miliardi andati in fumo negli ultimi 10 anni. I conti in tasca Il conto che fanno i consumatori del Codacons, che ai rincari Iva somma un ulteriore aumento delle accise sui carburanti per 400 milioni, mettendo quindi in conto anche gli inevitabili trascinamenti sui prezzi delle merci trasportate, potrebbe far lievitare la spesa a delle famiglie di 1200 euro l’ anno. Una vera stangata. «Costerà di più svegliarsi e far colazione al bar o in casa, ma anche lavarsi il viso e i denti, prendere la macchina per andare a lavoro, mangiare un tramezzino al bar, andare dal parrucchiere o portare un abito in tintoria, pagare le bollette o trascorrere una serata al cinema o in pizzeria», protesta Carlo Rienzi. «Un vero e proprio incubo, ancora di più se prospettato in un periodo dove la maggioranza degli italiani si sta godendo le meritate ferie». La tazzina di caffè, se oggi al bar si paga 90 centesimi salirà a 93, un tramezzino da 2 euro e 30 arriverà a 2,37 e quindi spetterà agli esercenti arrotare un po’ questo ed un po’ quello e far quadrare i conti. Salendo con gli importi il discorso cambia visto che un jeans di marca da 126 andrà a 130,7 euro, per un tablet anziché 299 euro ne serviranno 310, mentre una vettura di media cilindrata invece di 16.775 euro ce ne costerà 17.394. Difficile in questi casi immaginare che gli esercenti si facciano carico degli aumenti dell’ Iva. E ancora: la bolletta media del gas da 1.096 euro lieviterà a 1.126, mentre quella della luce passerà da 552 a 567 euro. Rischio aumento deficit Sminare una bomba del genere ovviamente non è facile: anche se il Parlamento fosse in grado di approvare nei tempi regolamentari, ovvero entro l’ anno, la nuova legge di Bilancio. Prima che deflagrasse la crisi, tutti i partiti di governo e di opposizione si erano pronunciati a favore della cancellazione delle salvaguardie. Ma l’ impegno è talmente grande, e strettissimo (come al solito) è il sentiero della nostra finanza pubblica, che certamente non basterà ramazzare qualche miliardo di qua e di là nelle pieghe del bilancio. Servono scelte coraggiose. Fino ad oggi col crescere degli importi in ballo i governi di turno hanno fatto ricorso più al deficit che a misure alternative. Tra il 2012 ed il 2014, quando l’ impegno finanziario era più basso (si partiva da 4 miliardi per arrivare a 20), secondo uno studio del Centro studi Confindustria, le clausole sono state coperte per l’ 86,1% con maggiori entrate e/o minori spese, per il 9,3% sono state attivate e per un altro 4,6% si è fatto ricorso al deficit. Dal 2015 al 2019 la musica è cambiata: la copertura è scesa al 20% mentre il restante 80% è stato scaricato sul deficit. Cosa che, salvo sorprese (o miracoli) molto probabilmente avverrà anche il prossimo anno. – c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI I consumi calerebbero di 8 miliardi aggiungendosi ai 32 già perduti in 10 anni FOTOGRAMMA 26,5% Il livello a cui salirebbe l’ aliquota massima dell’ Iva se scattassero le clausole Se scattano le clausole Iva i consumatori dovranno pagare di più per fare la spesa, oppure rinunciare a una parte degli acquisti.
paolo baroni

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