Su Parmalat stavolta pagano le banche
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fonte:
- Libero
La famigerata legge 231, quella sulla responsabilità d’ azienda, stavolta potrebbe colpire sul serio. La procura di Milano si è decisa a chiedere la condanna dei manager e delle quattro banche (Morgan Stanley, Bank of America, Citigroup e Deutsche Bank) imputate nel processo sul crac Parmalat. Per le persone fisiche e per gli istituti l’ accusa è aggiotaggio. Se passasse la linea del quarto piano del palazzo di Giustizia milanese, i proventi del reato calcolati in circa 120 milioni saranno confiscati. La cifra, pur importante, rimarrebbe sempre una piccola goccia nel mare del crac di Calisto Tanzi: oltre 14 miliardi di euro tra bond non rimborsi e debiti di ogni genere. Ma la speranza sarebbe quella di vederli finire agli oltre 40 mila truffati che si sono costituiti parte civile. Parmalat si era ufficialmente dotata di un codice di autodisciplina che imponeva comunicazioni al mercato in materia di prestiti obbligazionari. «Ebbene i primi comunicati sono datati gennaio del 2003, cioè appena 8 mesi prima del default e nessuno aveva chiesto al gruppo perchè non rispettasse le regole che si era dato da solo facendone un vanto», ha sintetizzato l’ accusa. ma non finisce qui. Secondo la procura, il gruppo di Collecchio faceva utili ma nello stesso tempo aveva continuamente bisogno di soldi e le banche lo aiutavano a piazzare i bond facendosi finanziare dai risparmiatori. E qui entrano in gioco gli istituti di credito. «Questo processo» – è stata la posizione del procuratore aggiunto Francesco Greco – è il cuore della vicenda Parmalat. Sono fatti del 2003 ma che aiutano a capire la crisi finanziaria globale di oggi». Con questa premessa, il pubblico ministero ha chiesto alle quattro banche confische per quasi 120 milioni di euro, oltrechè una sanzione di 900 mila euro per ognuna di esse. A Citigroup 70 milioni, a Bofa 30 milioni, a Morgan Stanley di 5,9 milioni e a Deutsche Bank di 14 milioni. Inoltre, il pool economico ha chiesto condanne che vanno da un anno a un anno e 4 mesi, con la concessione delle attenuanti generiche. I manager coinvolti sono incensurati. A commentare la richiesta del pm sono state Citigroup e Deutsche Bank, che in una nota hanno «ribadito la propria convinzione che le accuse prospettate siano totalmente infondate». Citigroup si è detta convinta convinta che il dibattimento dimostrerà la totale estraneità della banca "«ai fatti contestati e che Citi fu parte offesa della più grave bancarotta fraudolenta della storia italiana». A chiosare sulla vicenda anche il mondo politico e quello dei consumatori. Mentre il vicepresidente vicario dei deputati della Lega Nord, Luciano Dussin, ha auspicato che con «la truffa» Parmalat «occorre andare fino in fondo per accertare tutte le responsabilità e a tutti i livelli», il presidente del Codacons Carlo Rienzi si è augurato che, «in caso di accoglimento della richiesta del pm, i soldi confiscati» vadano «ai risparmiatori coinvolti nello scandalo». Ora rimane solo da attendere le tempistiche del palazzo di Giustizia. Consapevoli che quei 120 milioni divisi per il grande numero di truffati non sono una grande svolta dal punto di vista quantitativo. Ma contano anche i simboli e i messaggi da mandare ai grandi gruppi bancari.
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