Smog, denuncia Arpav
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fonte:
- Corriere del Veneto
«Troppi sforamenti»: si indaga per «emissioni pericolose in aria». Schinaia: verifiche scrupolose
VERONA – A Milano l’allarme- smog è da poco costato clamorosi avvisi di garanzia al presidente della Regione Formigoni, a quello della Provincia Podestà e al sindaco Moratti: nessuno sconto e tutti indagati nell’ambito di un’inchiesta aperta dalla procura meneghina e innescata da una serie di esposti targati Codacons. A Verona gli amministratori pubblici sono «salvi». Almeno per ora. Nel fascicolo d’inchiesta ufficialmente assegnato lunedì mattina al pubblico ministero Paolo Sachar, infatti, il procuratore scaligero Mario Giulio Schinaia ha iscritto l’indagine «contro ignoti». Ciò che non manca nell’indagine appena avviata dalla magistratura veronese, invece, è l’ipotesi di reato. Per l’ormai dilagante emergenza-inquinamento atmosferico, l’articolo penale contestato dagli inquirenti risulta il 674: «Chiunque provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare effetti pericolosi, è – a norma di legge – punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda», in base a un articolo che il codice racchiude nella disciplina delle «contravvenzioni concernenti l’incolumità delle persone nei luoghi di pubblico transito».
A indurre la procura scaligera ad attivarsi contro il famigerato problema-polveri sottili, è stata una segnalazione urgente dell’Arpav datata 19 febbraio scorso: nella missiva, che l’Agenzia Regionale per l’Ambiente ha inviato per conoscenza anche alle principali autorità provinciali, si denuncia che in terra scaligera è stato raggiunto il 36esimo sforamento del tetto massimo di Pm10 consentite dall’inizio dell’anno (a fronte di un limite massimo stabilito da Bruxelles in 35 superamenti nell’arco dei dodici mesi). «Di fronte a una segnalazione di tale entità – spiega il procuratore Schinaia – è stato inevitabile aprire immediatamente un fascicolo d’inchiesta». Già, ma con quali prospettive? «La premessa che non possiamo nascondere è che l’allarme-inquinamento è ampiamente generalizzato e, nell’ambito della pianura padana, non risparmia praticamente nessuno». Difficile, quindi, intravedere in capo agli amministratori pubblici responsabilità talmente gravi da far rischiare loro un’iscrizione nel registro degli indagati: «Da parte nostra indagheremo nel modo più scrupoloso possibile e inviteremo gli enti locali a rendere conto delle iniziative antismog attuate. Soltanto se emergesse un totale disinteresse a intervenire, però, sarebbe individuabile un eventuale profilo di colpa da parte degli amministratori ».
Nulla da fare, invece, per quanto riguarda l’effettiva validità delle contromisure adottate: «Non siamo dei tecnici del settore, e dunque non sta alla magistratura pronunciarsi sull’adeguatezza o meno dei provvedimenti». In altre parole, non è compito della procura stabilire se contro le famigerate Pm10 risultino più efficaci targhe alterne o blocchi domenicali del traffico. «Tutt’altro discorso, invece, nel caso in cui emergesse, per esempio in capo a una o più aziende, un livello di emissioni superiori al consentito: se così fosse, accertarne la responsabilità diventerebbe inevitabile ». Parole, quelle di Schinaia, che si riallacciano direttamente al recente rapporto con cui l’Università di Trento ha svelato che l’inquinamento a Verona è colpa soprattutto dell’industria, responsabile per oltre il 50% dei veleni (al secondo posto, ma nettamente staccato, il traffico; terza posizione per l’agricoltura, quarta per le caldaie). Dati che si trasformano ora in un’inchiesta penale: e chissà se anche nel 2010, così come accaduto nel 2006 quando a occuparsene fu in prima persona l’ex procuratore Guido Papalia, sfocerà tutto in un’archiviazione.
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