Sdoganato il vaffanculo: non è un`offesa
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fonte:
- Libero
Sdoganato il vaffanculo: non è un`offesa Marco Masini lo cantava a squarciagola nel 1996, nell“`amara confessione di un cantante di successo“. Quel “vaffanculo“ lo chansonnier fiorentino lo gridava al mondo intero. E, in tutta risposta, ci fu chi gridò allo scandalo. Beppe Grillo, invece, al più gettonato degli improperi ha voluto dedicare un`intera giornata, il prossimo 8 settembre. Ricorrenza che lui stesso ha ribattezzato “V-day“. A sdoganare il più comune degli insulti, con buona pace degli amanti del turpiloquio, è invece la Cassazione che già, nel 2005, assolveva le parolacce se dette in contesto – per così dire – “coatto“, cioé in “ambiente volgare“. Adesso gli ermellini di piazza Cavour tornano alla carica con il “vaffa“ libero. D`ora in poi, recita la sentenza 27966, mandare al remengo – pardon- affanc… il prossimo si può perché l`espressione ormai è “inflazionata“ al punto da essersi svuotata della sua valenza ingiuriosa. Anche se a pronunciarlo è un politico nel bel mezzo di una tavola rotonda. La quinta sezione penale, infatti, ha assolto con formula piena, “perchè il fatto non sussiste“, un consigliere comunale di Giulianova, Vincenzo B., condannato per ingiuria dalla Corte d`Appello de L`Aquila per aver indirizzato un “vaffa“ all`assessore, nonché vicesindaco, Domenico D.C. nel corso della seduta del Consiglio comunale del 23 novembre del `99. In sostanza, secondo la Cassazione l`abuso dell`espressione, per quanto volgare, ed inevitabile causa di un impoverimento “del linguaggio e dell`educazione“, fa sì che “in numerosi casi“ non superi più “la soglia dell`illecito penale“. Il consigliere aveva sfoderato l`insulto dopo aver perso le staffe per via di una frase del vicesindaco “evocativa di errori passati del comunismo, ma del tutto qualunquistica“. L`assoluzione del “vaffa“, che non può essere punito penalmente benché indice di una “maleducata e volgare manifestazione di insofferenza“, si affianca a quella di altre espressioni triviali in quanto “rappresentative di concetti osceni o a carattere sessuale“. E cioé “me ne fotto“, al posto dell`elegante “non mi cale“, ed “è un gran casino“ anziché “è una situazione disordinata“. Per la sentenza mandare qualcuno “a quel paese“ senza peli sulla lingua non è che un intercalare più colorito e sintetico per dire “non infastidirmi“ oppure “lasciami in pace“. Passati i tempi in cui la Suprema Corte chiudeva un occhio sugli insulti che volano fra le scrivanie e diretti al capo, poi su quelli che sovente animano il ménage familiare arrivando a partorire un vademecum in grado di legittimare gli improperi fra legittimi consorti, la Cassazione mette i punti sulle “i“ anche per il “vaffa“ . In alcuni frangenti, infatti, non perderebbe la connotazione ingiuriosa. Dipende dal contesto e dalla posizione di parità, o meno, degli interlocutori dei quali non si può offendere l`onore né il decoro. Per esempio, il “vaffan…“ assume carattere di spregio se a pronunciarlo fosse un vigile mentre fa una multa, oppure un`insegnante mentre redarguisce lo studente. La sentenza, però, non va giù ai Consumatori. Carlo Rienzi, presidente del Codacons, sostiene ironicamente che, d`ora in poi, tutti si sentiranno “più liberi di mandare pubblicamente “affan…“ le aziende che vessano i consumatori, i commercianti scorretti e gli stessi giudici. Senza remore alcune, né il timore di denunce e querele.
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