6 Giugno 2011

Sconti da dimenticare nelle fasce di punta

Tanti treni in più e sconti fino al 60%.  Ma ci possiamo davvero contare? «In linea di principio sì, ma bisogna stare attenti – commenta Pietro Giordano, segretario generale Adiconsum – Gli sconti ci sono davvero, ma valgono solo in determinati momenti.
In pratica, scordiamoci grandi sconti quando si muovono tutti, per esempio il lunedì mattina e il venerdì sera dominati dai pendolari.
Trenitalia riduce il prezzo di quei biglietti che, durante le giornate e le fasce orarie più scariche, tanto resterebbero invenduti, proprio come fanno i vettori aerei.
E proprio per questo abbiamo chiesto alla società, quest’ estate, di fare una pubblicità chiara, e non come quelle compagnie che pubblicizzano voli a 9 euro, quando poi di fatto non ci sono».
Per ottenere il massimo, dunque, meglio seguire alcuni consigli: prenotare con il più largo anticipo possibile, cercare di viaggiare in fasce orarie non affollate (preferire per esempio una partenza a metà giornata e a metà settimana).
«E infine, qualunque sia il canale di prenotazione, assicurarsi sempre, prima di pagare, di avere carrozza e posto assegnati» conclude Giordano.
Alcune sigle di consumatori, poi, considerano un bluff gli sconti, visto che sarebbero offerti a fronte di un recente aumento dei prezzi.
Secondo il Casper (Comitato contro le speculazioni e per il risparmio, di cui fanno parte Adoc, Codacons , Movimento a difesa del cittadino e Unione nazionale consumatori) «a partire dallo scorso 1° aprile le tariffe dei treni hanno subito pesanti aumenti, che partono dal +2% e raggiungono quota +23% su alcune tratte.
In totale, negli ultimi due anni, gli aumenti hanno superato il 20% per l’ Alta velocità e il 26% per gli Espresso.
Rincari da considerarsi abnormi.
Per questo abbiamo presentato un esposto al Tar del Lazio».
Ma Trenitalia non è d’ accordo.
Dall’ azienda fanno sapere che, da inizio anno, ci sono state effettivamente variazioni di circa il 2% sui treni a libero mercato (come il Frecciarossa), dovuti in parte al recupero dell’ inflazione.
E al massimo del 7% sui treni sottoposti a contratto di servizio, dove l’ aumento è deciso dal committente (le Regioni nel caso dei treni regionali, lo Stato per Espressi e altri treni a lunga percorrenza), ma che i picchi ipotizzato del 23% sono da escludere.

 

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