9 Giugno 2016

Sanità, 11 milioni non si curano

Sanità, 11 milioni non si curano

MANUELA CORRERA ROMA. Il dato è allarmante: 11 milioni di italiani nel 2016, ben 2 milioni in più rispetto al 2012, hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa di difficoltà economiche o sono ricorsi al privato per ovviare alle lunghe liste di attesa. A denunciarlo è una ricerca Censis-Rbm, presentata ieri in occasione del Welfare Day. Gli italiani non possono curarsi o sono costretti a rivolgersi al privato a causa delle lunghezza delle liste di attesa (72,6%). E’ questa la ragione che più di ogni altra spiega perché i cittadini si rivolgono ad una struttura privata, seguono poi anche ragioni di comodità legate agli orari lunghi o all’ apertura nel weekend o alla contrazione della matrice di prestazioni offerte nel servizio sanitario pubblico. Sempre le liste di attesa spiegano il ricorso all’ intramoenia da parte di 7 milioni di italiani in un anno. Se la ragione fondamentale è la lunghezza delle liste di attesa e quindi la volontà di accedere più velocemente alle prestazioni, tuttavia colpisce la quota di cittadini che esplicitamente dichiara che è stato il medico a consigliare il ricorso alla sanità a pagamento dentro le strutture pubbliche (22,9%). Il dato rilevante è che cresce ulteriormente il numero di italiani che ha dovuto rinunciare o rinviare prestazioni sanitarie in un anno: erano 9 milioni nel 2012 sono diventati oltre 11 milioni nel 2016 (+2 milioni) Una ricerca alla quale replica prontamente il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: «E’ un problema che abbiamo presente e trovare una soluzione per noi rappresenta una priorità». Ma, avverte, «deve essere chiaro a tutti che non si possono fare le nozze con i fichi secchi». «E’ chiaro – spiega il ministro che il Sistema Sanitario Nazionale deve fare i conti con la grave crisi economica che le famiglie italiane stanno vivendo, e questa indagine del Censis ci conferma la necessità di difendere l’ aumento previsto del Fondo Sanitario Nazionale per gli anni 2017 e 2018, che intendiamo utilizzare per sbloccare il turn over e stabilizzare il personale sanitario precario, rifinanziare il Fondo per l’ epatite C, coprire i costi dei nuovi farmaci oncologici e garantire a tutti i cittadini accesso gratuito alle cure». Ma il ministro individua al contempo una soluzione al problema, che passa, spiega, «da una profonda riorganizzazione del sistema delle liste di attesa, soprattutto in alcune regioni italiane». L’ obietti vo è cioè quello di «uniformare l’ intero territorio nazionale su standard elevati» e a tal fine, annuncia, «ho intenzione di proporre l’ inserimento nel mio decreto legislativo sulla nomina dei Direttori Generali delle aziende sanitarie di una norma che imponga di valutare i manager anche in relazione agli obiettivi di riduzione delle liste d’ attesa». Intanto, afferma, «una prima svolta verrà a breve introdotta con i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, con l’ ingresso nel Servizio sanitario nazionale Ssn di nuove prestazioni gratuite attese da 15 anni». Lo studio Censis ha suscitato anche la forte critica del segretario generale della Cgil Susanna Ca musso, secondo la quale questi dati «sono la dimostrazione che aver progressivamente ridotto gli investimenti nel Ssn mette le persone in condizione di non curarsi. E’ la logica dei commissariamenti e dei tagli». E per il Movimento 5 Stelle «la frana del nostro sistema sanitario si è già trasformata in una valanga, e ad essere responsabili, intenzionalmente, di questa demolizione sono il ministro della Salute e tutto il governo. Le conseguenze dei continui tagli inflitti alla sanità oggi sono stati evidenziati dalla ricerca Censis-Rbm». Critico pure il sindacato dei medici dirigenti Anaao, che denuncia come «il taglio dei fondi alla Sanità non si sia mai interrotto». E se il Codacons parla di «dati vergognosi per un Paese civile», la segretaria nazionale della Fp Cgil, Cecilia Taranto, e il segretario nazionale della Fp Cgil Medici, Massimo Cozza, commentano: «Ha ragione il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, quando afferma che non si possono fare le nozze con i fichi secchi. Ma questa affermazione dovrebbe essere rivolta al suo governo che, attraverso precise scelte politiche, continua a destinare più risorse ad altri settori: dagli imprenditori alle banche».
 
 

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