22 Maggio 2003

San Donà, brivido Cipollini sotto il diluvio

San Donà, brivido Cipollini sotto il diluvio

Tac all`ospedale per il campione del mondo: solo botte. I medici suggeriscono il ritiro, lui annuncia: «Vorrei continuare»



Il Giro a San Donà finisce in una nuvola d`acqua e una pioggia di polemiche. Con Mario Cipollini a ruote all`aria, una spalla ammaccata, quasi sul punto di ritirarsi, ed il successo bis di Robbie McEwen, il più bravo ad evitare la trappola piazzata a 160 metri dall`arrivo. Perchè è lì, su quella curva secca verso sinistra, al termine del rettilineo di via XIII Martiri, che il campione del mondo parte in una rabbrividente scivolata, travolto dallo spagnolo Galvez, e finisce dritto verso le protezioni in plastica che (per fortuna) coprono le transenne di metallo, rimbalzando pesantemente sull`asfalto. “Non si può far terminate una tappa in questo modo“ urla ai microfoni della tv Petacchi, passato indenne per la cruna dell`ago di quel patatrac e secondo al traguardo. Una conclusione che fa imbufalire i corridori, che protestano per la pericolosità di una curva troppo vicina allo striscione d`arrivo. E provoca persino una denuncia del Codacons alla Magistratura. Arrivo che, invece, Moreno Argentin, padrone di casa, difende: “Se si voleva il Giro qui, non c`erano altre soluzioni: e comunque in bici bisogna anche saperci andare“.

Soprattutto quando piove. Perchè la tappa numero 11, quella che porta da Faenza alla cittadina veneziana e introduce il Giro a Nordest, si corre in un clima da classica del Nord: raffiche di pioggia, vento, anche grandine. E qui è quasi una costante: fu così anche nel 2001 a Montebelluna (lì vinse Tosatto) e nel 2002 a Conegliano (vittoria di re Leone), tutti arrivi bagnati. E forse più fortunati di questo, che lancia cattive avvisaglie già a Mogliano, quando Oscar Mason ruzzola in un fossato e resta esanime (solo escoriazioni: 7 giorni di prognosi, addio corsa). Il gruppo che avanza compatto verso la volata finale (e riprende Lelekin e Marini all`altezza di Roncade, dopo una fuga di 159 km), alza nuvole d`acqua sotto l`uragano. Al punto da convincere la giuria a neutralizzare i tempi negli ultimi 1700 metri (con una forzatura del regolamento, che lo prevede per l`ultimo chilometro), per dare libero sfogo alle ruote veloci e non far rischiare l`osso del collo agli uomini di classifica.

Ma si sa come sono gli sprinter. E che l`asfalto bagnato del circuito sandonatese sia diventato scivoloso come una pista di pattinaggio lo si capisce fin dal primo passaggio, quando Scirea vola per la tangente. Solo un antipasto di quanto accade al giro finale, quando i treni della Fassa e della Domina cercano il binario migliore per lanciare Petacchi e Cipollini all`ennesima sfida.

Servirebbero ruote da bagnato, come in F1: quelle che sembra avere McEwen, che si infila con perfezione chirurgica nell`ultima curva, prima del gran botto: quelle che invece non sembra possedere lo spagnolo Galvez, al quale l`esperienza da pistard suggerisce un avventato passaggio troppo sull`interno. La sua bici perde il posteriore e aggancia quella di Cipollini, i due partono in una lunga derapata che si spegne sulle transenne, mentre McEwen ha via libera verso la seconda vittoria e a terra finiscono pure Forster e Furlan.

Re Leone si rialza dolorante, una mano sul costato, l`altra col dito sulla tempia verso lo spagnolo, frastornato a terra: “Ma che sei matto?“. Poi un salto all`ospedale, dove Tac e raggi danno esito negativo anche se i medici suggeriscono il ritiro. Oggi si decide e con lo Zoncolan, la nuova montagna del Giro, che promette di scombussolare di nuovo i giochi, in pochi scommetterebbero un euro sul campione del mondo alla partenza. Ma da Re Leone c`è da aspettarsi qualunque miracolo.

Infatti, appena uscito dall`ospedale, dove i referti parlano di «trauma toracico, trauma dorso lombare e trauma alla spalla sinistra», Mario Cipollini fa sapere: «Ci dormo sopra, per quanto imbottito di antidolorifici. So che al risveglio avrò male dappertutto ma farò l`impossibile per rimontare in sella. Non mi va di lasciare così».

Abbattuto e dolorante, Cipollini aggiunge: «L`arrivo potevano anche metterlo 200 metri prima. C`era un rettilineo di un chilometro e mezzo, lo spettacolo ci sarebbe stato lo stesso, anche senza vedere la gente che si scanna. È ovvio che ci sia rabbia per arrivi del genere. Dopo aver visto il circuito di Montecatini e questo qualcosa, a livello di regolamenti, bisogna farla. Siamo costretti a stare in gruppo tutti assieme, noi che facciamo le volate e quelli che devono pensare alla classifica generale. Non va bene».



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