Rincari, tre famiglie su cinque cambiano abitudini alimentari
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fonte:
- l`Adige
Tre famiglie su cinque hanno cambiato le abitudini alimentari a causa dei forti rincari che si sono registrati nei prezzi al consumo, anche di prodotti di prima necessità come il pane, la pasta e il latte. E rispetto a dieci anni fa la spesa alimentare, che oggi si avvicina a un quinto del reddito familiare, è aumentata del 28%. Attualmente, in media, ogni famiglia spende per l`alimentazione circa 460 euro al mese. A delineare il quadro della situazione è stato ieri il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi, nel corso della conferenza stampa di inizio anno. A subire le conseguenze più eclatanti di questo cambio di menu da parte delle famiglie sono stati i prodotti della “dieta mediterranea“ che, proprio a causa dei rincari, comincia a mostrare segni di crisi. Nei piatti degli italiani ci sono, infatti, sempre meno pane, pasta, frutta, verdure e vino. Sta di fatto che nel corso dell`anno appena trascorso gli acquisti alimentari delle famiglie sono scesi, in quantità, intorno al 2% rispetto al 2006. Nel 2007, in ogni caso, proprio i prodotti principe della dieta mediterranea hanno avuto un vero e proprio tracollo. Su tale mutamento ha quindi inciso in maniera determinante l`impennata dei prezzi, alimentata nella stragrande maggioranza delle volte da rincari che Politi ha definito “selvaggi e ingiustificati“. Gli aumenti record di pane (+12,3%), pasta (+8,4%), latte (+7,6%), frutta (+5,6%) e verdure (+6,8%) hanno avuto un effetto negativo nella spesa alimentare degli italiani che, tuttavia, risulta ancora al secondo posto (18,8%) su quella totale, preceduta solo dall`abitazione (26%). “Insomma – ha detto Politi – i prodotti agroalimentari che hanno risentito in maniera significativa della maggiore attenzione del consumatore a contenere e razionalizzare gli acquisti sono i cosiddetti prodotti di base, vale a dire, prodotti radicati nella tradizione italiana, ma caratterizzati da livelli saturi di consumo“. Al contrario, secondo quanto riferito dal presidente della Cia, il consumatore esprime una domanda più dinamica nei confronti di quei prodotti che, oltre a soddisfare il bisogno alimentare, presentano componenti aggiuntive che determinano la preferenza da parte dell`acquirente, in particolare riguardo ai prodotti ad alto valore salutistico e a quelli con elevato contenuto di servizio. La ripartizione della spesa alimentare mostra al primo posto carne, salumi e uova (23,4%), latte e derivati (18,2%), ortofrutta (16,8%), derivati dei cereali (14,8%), prodotti ittici (8,9%), bevande analcoliche (5,7%), bevande alcoliche (5,5%), olio e grassi (3,9%). La percentuale di coloro che hanno ridotto le spese per l`alimentazione si trova principalmente nelle fasce di età superiore ai 55 anni (con picchi elevati soprattutto negli over 70) e in quelle con redditi bassi. Oltre ai problemi economici e ai rincari che hanno caratterizzato molti prodotti alimentari, uno dei fattori che ha condizionato la spesa alimentare degli italiani – ha rilevato Politi – è la purezza e la genuinità dei cibi. Tale aspetto incide in maniera preponderante sulla classe di reddito tra i 1.400 e i 2.000 euro al mese. “I rincari nel settore alimentare hanno un peso fortissimo sulle famiglie, specie quelle a reddito medio-basso, e determinano cambiamenti anche radicali nelle abitudini degli italiani. È una situazione inaccettabile, contro la quale è necessario intervenire prima di tutto tagliando i prezzi, specie dei generi di prima necessità, per consentire una ripresa dei consumi“. Lo afferma il Codacons, proponendo la propria ricetta per far fronte e superare il caro-spesa tagliando velocemente i prezzi al dettaglio fino al 20%. Innanzitutto “individuare il prezzo anomalo, ossia il ricarico massimo tra un passaggio della filiera e l`altro, oltre il quale gli intermediari incorrono in un vero e proprio reato – sottolinea il Codacons -; obbligo di esposizione da parte dei commercianti del doppio cartellino con il prezzo pagato all`ingrosso e il prezzo finale al consumatore; incentivare la vendita diretta produttore-consumatore nel settore dell`ortofrutta, istituendo mercati comunali settimanali; tagliare la filiera distributiva che determina ricarichi enormi sul prezzo finale del prodotti“.
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