16 Dicembre 2009

Rincari della pasta: perquisite le 5 maggiori aziende italiane

Nel mirino l’aumento ingiustificato dei prezzi (circa il 50%) dal 2007 ad oggi

 ROMA Barilla, Garofalo, Divella, De Cecco, Amato. I big della pasta sono finiti ieri nel mirino della Guardia di Finanza. Da Rutigliano, in provincia di Bari, sede della Divella, a Parma dove sorgono gli stabilimenti della Barilla. Da sud a nord, passando per Gragnano, in provincia di Napoli dove ha sede la Garofalo e dalla provincia di Chieti dove domina la De Cecco, le maggiori aziende produttrici dell’alimento più amato dagli italiani, ma diventato quasi proibitivo per il rincaro dei prezzi, sono entrate nel mirino della Finanza. Le Fiamme gialle hanno infatti eseguito ieri una serie di perquisizioni sequestrando verbali e documentazione di riunioni anche nella sede dell’Unipi (Unione italiana industria pastai, la "Confindustria" dei produttori della pasta) e nelle sedi dei maggiori produttori del settore. Al centro dell’inchiesta c’è l’aumento ingiustificato dal 2007 ad oggi, calcolato in circa il 50% del prezzo della pasta. L’ipotesi è quella che i big come Barilla e altri siano stati i promotori di un "cartello" che di fatto ha fatto aumentare i prezzi annullando la concorrenza. La procura della capitale procede per l’ipotesi di reato prevista dall’articolo 501 bis del codice penale, vale a dire manovra speculativa sul prezzo delle merci. Secondo quanto si è appreso, vi sarebbe una persona iscritta sul registro degli indagati, ma ben presto le persone sotto inchiesta potrebbero aumentare di numero. Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Roma ha sequestrato documenti e verbali, anche redatti in sede di riunioni dell’associazione di categoria, atte a dimostrare la prova della manovra speculativa e la formazione del "cartello". Il reato prevede una pena fino a tre anni di reclusione. L’inchiesta era stata avviata nell’ottobre 2007 dopo una indagine dell’Antitrust che nel dicembre 2007 aveva messo sotto accusa 29 tra i principali marchi della pasta italiana, tra cui Barilla, De Cecco, Divella, gli stessi finiti nel mirino delle Fiamme Gialle.  Una denuncia all’autorità giudiziaria era stata fatta da Adoc, Adusbef, Federconsumatori e Codacons. Nell’ottobre scorso il Tar del Lazio aveva confermato le sanzioni per 12 milioni di euro inflitte dall’Antitrust alla fine dello scorso febbraio a 22 società alimentari e due associazioni per aver creato un "cartello" per i prezzi della pasta. Le multe inflitte dall’ Antitrust variavano dai 5 milioni di euro circa (la più alta, inflitta a Barilla) ai 1.000 euro, (la più bassa, inflitta a Unionalimentare). Contro la decisione dell’Antitrust le aziende hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato.

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