3 Aprile 2003

«Referendum sul frena-ricorsi Rc auto»

«Referendum sul frena-ricorsi Rc auto»


Il Senato approva definitivamente il decreto frena-ricorsi Rc auto, ma opposizione e consumatori non si dichiarano vinti: «Ricorreremo a un referendum – annuncia il senatore salernitano della Margherita Roberto Manzione – tentando così di cancellare una norma iniqua e sperando che nel frattempo la Corte costituzionale, alla quale sono già pervenuti i ricorsi di molti giudici, accerti l?evidente illegittimità di questo decreto». Non basta: «Cercheremo di cancellare con l?iniziativa popolare anche l?emendamento della Finanziaria – aggiunge Manzione – che ha abrogato il parametro nazionale unico per gli assicurati in prima classe bonus». Sulle stessa lunghezza d?onda è Intesa dei consumatori (vi aderiscono Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori), che reputa «decisamente opportuno formare un comitato per un referendum abrogativo». E in serata il comitato è bello e fatto. Al punto che già oggi terrà la prima riunione e farà partire in tempi brevi la campagna per le adesioni.
Linea dura, quindi, mentre Ania – l?associazione delle imprese assicuratrici presieduta da Fabio Cerchiai – apre al dialogo «con governo e consumatori». Ci sono «le premesse», sottolinea il direttore Giampaolo Galli, grazie alla conversione in legge del blocca-ricorsi. Ma di qui a pensare che l?associazione possa decidere di fare concessioni agli assicurati ce ne passa: eventuali misure di riduzione tariffaria «toccano alle compagnie – avverte Galli -, dal momento che Ania non può assumere questi impegni in base alla normativa Antitrust». Anzi, sempre secondo Galli, sulle compagnie «maggiore efficacia può avere la moral suasion che nei loro confronti sta esercitando il ministro Marzano».
E il reponsabile del ministero delle Attività produttive parla dell?approvazione del decreto come di «una buona notizia». Secondo Antonio Marzano, infatti, il provvedimento «salva il mercato e non le compagnie». In ogni caso, «partiranno gli incontri con le compagnie e, spero, con i consumatori». Incontri che dovrebbero essere centrati su misure come un bonus a favore dei neo-patentati e facilitazioni per le famiglie con più auto assicurate.
Meno ottimisti del ministro due esponenti dell?opposizione. Per il senatore lombardo dei Ds Loris Maconi, con il decreto aumenta il muro contro muro tra utenti e compagnie, quindi diviene difficile qualsiasi prova di dialogo. E il senatore napoletano di Prc Tommaso Sodano accusa il governo di «truffa» e di «regalare favori ai poteri forti».
Non si pronunciano sulla proposta di referendum le altre associazioni di consumatori, in ogni caso Cittadinanzattiva si dice pronta a un «ricorso-denuncia davanti alla Commissione europea contro lo scempio a danno di milioni di cittadini italiani». Ma gela i facili entusiasmi Ania, che reputa «improbabile» la vittoria dei ricorsi a Corte costituzionale e Corte di giustizia Ue.
Cosa prevede il decreto? I giudici di pace non potranno più emettere sentenze secondo equità a favore di rimborsi oltre i mille euro sui contratti di massa – come appunto quelli Rc auto – ma dovranno emetterle secondo diritto: il che significa un iter più lungo, fino alla Cassazione. La richiesta dei rimborsi è nata in seguito alla multa comminata dall?Antitrust guidata da Giuseppe Tesauro alle principali compagnie, con l?accusa di aver fatto «cartello».
Un no al decreto arriva, infine, dal senatore napoletano di An Franco Pontone, il «papà» della tariffa nazionale unica per gli automobili virtuosi, approvata dai due rami del Parlamento nell?autunno scorso e poi cancellata a fine anno dal governo, con un emendamento in Finanziaria. Pontone ieri si è astenuto in occasione del voto a Palazzo Madama: «La mia astensione – spiega – rappresenta una forte critica e un forte atto di sfiducia nei riguardi delle compagnie di assicurazioni che rappresentano i poteri forti e fanno la parte del leone nei riguardi degli assicurati. Questi ultimi sono obbligati a stipulare l?assicurazione Rc auto per legge e, per tale motivo, rappresentano la parte più debole del contratto».

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