5 Maggio 2003

Qui ci vorrebbe proprio un?azione di massa

DIRITTI Tre proposte di legge per introdurre la «class action»
Qui ci vorrebbe proprio un?azione di massa
Così un singolo danneggiato potrà tutelare tutti i consumatori









T orti di massa? Azioni di gruppo. E` questo il principio che regola la class action, l`azione di classe: quella possibilità che hanno i cittadini degli Stati Uniti – del Canada, del Brasile, di Israele, dell`Australia – o le loro organizzazioni di chiedere alle imprese un risarcimento collettivo. Una banca, una compagnia di assicurazioni, una società petrolifera, un`impresa di potere insomma, vi danneggia? Basta che un cittadino che ha subito lo stesso torto si rivolga al giudice invocando la class action: se vince la causa, potrete essere risarciti anche voi, e altre migliaia di consumatori. Con perdite enormi per le casse delle aziende. E` clamoroso il caso della Philip Morris, condannata a rifondere 10 miliardi di dollari a 300 mila consumatori. E` storia la class action presentata negli anni `60 da Ralph Nader contro la Corvette Chevrolet, che prendeva fuoco per un difetto. Sono film di class action «Erin Brockovich» e «Azione Civile», con Julia Roberts e John Travolta. L?idea di introdurre la class action è stata lanciata di recente sul Corriere da Alessandro Penati.
«Se in Italia ci fosse stata la class action – dice Massimo Cerniglia, avvocato dell`Adusbef – i consumatori danneggiati dal cartello delle assicurazioni sulle polizze auto avrebbero potuto essere risarciti senza ricorso al giudice di pace». «E le banche italiane – rincara Elio Lannutti, presidente – ci avrebbero pensato due volte prima di proporre i bond argentini e Cirio o prodotti come My Way-4 You. La class action è un deterrente».
Perciò ora l`Intesa dei consumatori (Adusbef, Federconsumatori, Codacons, Adoc) e due partiti dell?opposizione, Ds e Margherita, chiedono di introdurla in Italia. L`Intesa sta mettendo a punto un progetto di legge d`iniziativa popolare, nome provvisorio «Azione di classe» ed entro luglio sarà varato.
I Ds e la Margherita hanno invece presentato, il 26 e il 27 marzo, due proposte di legge molto simili fra loro. In sostanza, introdurrebbero la class action modificando l?articolo 3 della legge 281 del `98 che disciplina i diritti dei consumatori. «Oggi le associazioni possono soltanto inibire i comportamenti scorretti delle imprese: chiedere loro, insomma, di non farlo più – spiega l`avvocato Antonio Tanza, vicepresidente di Adusbef, che ha stilato la proposta dei Ds -. Con la modifica, potranno anche reclamare un risarcimento collettivo».
L?`introduzione della class action non sembra però così facile. «Ci rendiamo conto che è complicatissimo farla passare», ammette Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. Per motivi di ordine legislativo ed economico. «Modificare qualche articolo della 281 non basta, sarebbe necessaria una riforma radicale delle regole del processo civile – dice Loriana Zanuttig, che insegna diritto processuale all`Università di Brescia ed è uno degli avvocati che fece risarcire dalla Givaudan i cittadini di Seveso colpiti dalla diossina -. Bisogna stabilire non solo chi può farla e come, che effetto ha la sentenza, come si tutela l`azione dell`altro, che limiti porre».
E se sulla necessità di un limite al risarcimento concorda l`economista Renato Brunetta, europarlamentare di Forza Italia: «Mi piace che i consumatori siano tutelati, ma non bisogna abusare dello strumento: è aberrante che una causa possa portare alla chiusura di un?azienda». La questione della complessità legislativa viene sollevata anche da Giampaolo Galli, ex capo ufficio studi di Confindustria. Oggi è direttore generale dell?Ania, l`associazione delle assicurazioni. Che proprio stasera, al ministero delle Attività produttive, dovrebbe firmare il protocollo d`intesa con le associazioni dei consumatori sull`Rc auto: nel quale ha rifiutato («Non era la sede») di inserire un paragrafo sulla class action. «Personalmente, non ho un atteggiamento di chiusura verso la class action – dice Galli -. Ma non esiste in nessun Paese d`Europa. E richiederebbe un cambiamento radicale del nostro ordinamento giuridico, a cominciare dall`articolo 24 della Costituzione, che dichiara irrinunciabile il diritto ad agire in giudizio del singolo cittadino. E implicherebbe un riequilibrio delle funzioni dell`Antitrust».
«Le grandi imprese temono questo tipo di contestazione, perché avrebbe un effetto dirompente», commenta l`economista Tommaso Di Tanno, che ha curato la fusione Generali-Ina. Ma perché allora in America la grande industria accetta la class action? «Perché negli Usa il consumatore è, prima di tutto, un investitore. Che mette i suoi soldi in Borsa, quindi va tutelato». Non etica, insomma: necessità. Di mercato.

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