23 Settembre 2014

Quattro operai morti per una nube tossica in un’ azienda di Adria

Quattro operai morti per una nube tossica in un’ azienda di Adria

ADRIA Sono morti in quattro, uno dietro l’ altro per soccorrersi, e solo un quinto si è salvato dalla nube di anidride solforosa, rischiando a sua volta la vita per intossicazione. L’ incidente è avvenuto ieri mattina in un’ azienda di trattamento rifiuti in Polesine, la «Co.Im.Po» di Cà Emo, una frazione di Adria. Una serie di capannoni e vasche in mezzo alla campagna, dove vengono trattati reflui urbani e rifiuti spe ciali, resi inerti con l’ acido. Un’ operazione come tante, nella quale però ieri qualcosa non ha funzionato: forse la fretta nel travaso dell’ acido solforico nella vasca dei reflui- un invaso a cielo aperto di quaranta metri IL PM È stata riscontrata «un’ evidente carenza dei sistemi di sicurezza dell’ azienda» per trenta- oppure una sottovalutazione degli operai, nessuno dei quali indossava le maschere anti-gas; sicuramente, ha spiegato il Pm Sabrina Duò dopo il sopralluogo, una «evidente carenza dei sistemi di sicurezza dell’ azienda». Non c’ è stata esplosione: la morte è arrivata silenziosa, come avviene sempre con le nubi chimiche. Ma chi era in paese, vicino all’ impianto, ha capito subito che era accaduto qualcosa di grave. La gente si è coperta la bocca con le mani, chi era in casa o nei negozi ha chiuso porte e finestre, mentre l’ odore acre copriva tutto. Secondo la prima ricostruzione dei vigili del fuoco, che dovrà essere supportata dai risultati delle autopsie e analisi tecniche, i primi due operaie l’ autista di un camion che trasportava i reflui stavano travasando da una cisterna acido solforico nella vasca che conteneva già ammoniaca. Il mix di sostanze ha dato vita ad una micidiale nube di anidride solforosa, che non ha dato loro scampo: le vittime sono Nicolò Bellato, 28 anni, e Paolo Valesella, 53, entrambi di Adria, Marco Berti, 47, di Mardimago (Rovigo), e l’ autista del camion, Giuseppe Baldan, 47, di Campolongo Maggiore (Venezia). Berti e Vallesella, operai della Co.Im.Po, erano all’ esterno vicino alla cisterna, assieme a Baldan. Bellato, dall’ ufficio ha visto quanto accadeva tramite la telecamera di sicurezza; senza pensarci si è portato in aiuto dei compagni, restando a sua volta fulminato dall’ anidride solforosa. Mentre altri dipendenti della ditta scappavano verso i campi, un quinto operaio, Massimo Grotto, 47 anni, ha cercato di soccorrere i colleghi, ma è caduto privo di sensi. Sarebbe morto se un altro dipendente, Rossano Stocco, 52 anni, ex carabiniere, IL PM È stata riscontrata «un’ evidente carenza dei sistemi di sicurezza dell’ azienda» non l’ avesse trascinato via a braccia con enorme coraggio, dopo essersi messo la maschera anti-gas. Grosso è stato portato in rianimazione all’ ospedale di Adria. Rimasto qualche ora in coma farmacologico, ha dato segni di miglioramento in serata; i medi ci sperano già oggi di poterlo dichiarare fuori pericolo. Ha rischiato la vita anche il primo dei soccorritori, il vigile del fuoco Sandro Barchi, 48 anni: la sua maschera anti-gas ha avuto un problema tecnico e l’ uomo è rimasto intossicato, ma non in modo grave. Per sapere la verità sulla tragedia della «Co.Im.Po» bisognerà attendere le risposte dei consulenti della Procura e i risultati delle autopsie, previste fra due giorni. Ma il pm Sabrina Duò è apparsa chiara nella prima valutazione, parlando di «evidenti problemi di sicurezza» all’ interno dell’ azienda. «L’ errore umano? Tutto può essere – ha aggiunto- ma qui qualcosa non è stato rispettato sotto il profilo del ciclo di produzione. Questi acidi non andavano scaricati direttamente nella vasca». Il fascicolo d’ indagine- che al momento non ha indagatiipotizza l’ omicidio colposo plurimo. Il Codacons ha annunciato un esposto alla Procura di Rovigo, perché‚ sia accertato se enti locali ed Inail avessero svolto nella ditta tutti i controlli di sicurezza necessari.

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