Proteste, polemiche e pioggerella la fredda ripartenza dei locali
- fonte:
- Corriere del Veneto
VENEZIA Tutto chiuso a piazza San Marco e, contraltare, tavoli esterni dispiegati alla massima potenza in calli e campi. Lì dove gli affari di ristoranti e bar dipendono un po’ meno dal turista che non c’è la ripartenza «all’aria aperta» si è vista. Sul bilancio della D- pesa il clima: grigio, vento e qualche goccia hanno scoraggiato molti clienti e tenuto vuoti parecchi dehors. D’altra parte, «altri 70 locali fin qui sprovvisti – fanno sapere dal municipio – hanno fatto richiesta di plateatico». Venezia in testa per la sofferenza assoluta della «sua» piazza, vetrina mondiale, ma anche perché il panorama visto nel resto della Serenissima, ieri, si è ripetuto con poche variazioni nelle altre città venete. Nel gioco di specchi, l’eccezione è l’altra grande calamita turistica: Verona plateatici mezzi pieni in piazza Bra e piazza Erbe, molto meno nelle vie «laterali» del centro storico. «Diciamo che non è la giornata ideale per fare da benchmark – Renato Franceschelli, prefetto padovano -. È lunedì, la giornata è piuttosto uggiosa. Per quel che ho visto nelle piazze, la situazione è piuttosto ordinata. Vorrei poter dire altrettanto dopo venerdì e sabato sera…». Andamento lento, appunto, anche a Padova. Più movimento in piazza Erbe, almeno nelle ore di luce, che nella «studentesca» piazza dei Si- a sera il «peso» si ridistribuisce ma più o meno… Mezzo e mezzo anche nella piazza dei Signori dei trevigiani. «Speriamo sia l’ultima volta che ci chiudono», dicono i ristoratori di qui. Tendenza segnalata da Treviso: parecchie richieste di aperitivo accompagnato da cena leggera, «spuncioti» e via. Logica: moviazzardo e piano di rapida ritirata, visto il clima bigio. Cielo e umore in chiaroscuro anche a Vicenza. Ad Asiago, per dire, c’erano dieci gradi all’aperto roba da minestrina più che da plateatico. Belluno la pioggia ha fatto da padrona. Il freddo ha congelato eccessi e strappi ma l’attenzione sui comportamenti c’era e resta: «Non governo i miei cittadini con il manganello – Luca Zaia, ieri mattina -. É questione di buon senso e di dialogo, perché la battaglia contro il Covid riguarda la salute di sé e degli altri. In ogni caso – ha chiuso il governatore – per quanto riguarda l’invio dell’esercito in Veneto, proprio no». Resta forte anche l’insoddisfazione dei gestori dei locali nei confronti delle regole appena introdotte. A metà mattina Appe, l’associazione padovana dei pubblici esercizi ha dato vita a un flash- di protesta nelle strade più trafficate del centro cittadino, contro la scelta di mantenere il divieto per l’attività di somministrazione di cibo e bevande al chiuso. Non era l’ora di punta, certo, ma che, da parte di chi era bloccato in auto, non siano mancati cenni di approvazione rivolti ai baristi, ai ristoratori e ai loro volantini qualcosa dice. Il segretario generale di Appe parla di overno: «Chiediamo che venga data ai cittadini la possibilità di consumare anche all’interno dei locali – dice Filippo Segato che venga eliminato o almeno portato alle 24 il coprifuoco». Sempre ieri, Codacons ha rilanciato anche in Veneto un ricorso al Tar del Lazio che chiede l’annullamento del decreto nella parte in cui impedisce l’attività al chiuso alle imprese di ristorazione. L’associazione di consumatori indica una discriminazione rispetto a cinema, teatri e librerie, cui, invece, l’attività al chiuso è consentita. Ieri, in ogni caso, non sono state segnalate multe a trasgressori: «Multe? Non ho sentore di multe ma di una grande confusione – dice a sera Patrizio Bertin, presidente regionale di Confcommercio -. Abbiamo ricevuto decine di telefonate di esercenti che non sanno come comportarsi. C’è chi chiede chiarimenti sui limiti del delivery, chi lavora all’aperto e ha dubbi sulla somministrazione al banco…». Categoria «mandata nel panico» dice Bertin: «Questa non è la riapertura. Siamo entrati in pista con la safety car e dobbiamo assolutamente toglierla di mezzo. Così non si può lavorare». Renato Piva
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