5 Ottobre 2000

Processo per la Radio Vaticana

L?emittente provocherebbe radiazioni oltre i limiti consentiti

I cittadini di Santa
Maria in Galeria, scesi in campo contro le antenne di Radio Vaticana, possono
tirare un primo sospiro di sollievo. La battaglia legale che li ha visti
contrastare la colossale emittente radiofonica della Santa Sede, è arrivata a
conclusione. Il pubblico ministero Gianfranco Amendola che ha seguito
l?inchiesta, ha chiuso le indagini e, dopo una raffica di ricorsi presentati
dagli avvocati, aspetta solo che il presidente del Tribunale fissi la data
dell?udienza per chiamare in causa il direttore dell?emittente di San Pietro,
padre Pasquale Borgomeo, il presidente del comitato di gestione, padre Roberto
Tucci, e il direttore tecnico, Costantino Pacifici. Il magistrato gli contesta
il presunto inquinamento elettromagnetico prodotto dalle emissioni delle onde
degli impianti che sovrastano Santa Maria di Galeria, e in particolare
l?articolo 674 del codice penale che vieta il ?getto pericoloso di cose”.
La
parola fine all?inchiesta è arrivata dopo un botta e risposta di contestazioni
tra la Procura e gli avvocati Marcello Melandri ed Eugenio Pacelli (nipote di
Papa Pacelli) che difendono le ragioni dei responsabili dell?emittente vaticana.
Secondo l’accusa, infatti, le antenne della radio diffonderebbero «radiazioni
elettromagnetiche atte ad offendere o molestare le persone», la cui intensità
supera il tetto di radiofrequenze compatibili con la salute, corrispondente a 6
volt/metro.
Nel corso del procedimento, i legali hanno chiesto
l’archiviazione per un presunto difetto di giurisdizione. Ritengono, infatti,
che la magistratura non avrebbe competenza a occuparsi della vicenda in quanto
gli impianti sono collocati in una zona già dichiarata extraterritoriale per
effetto di un accordo Stato-Chiesa del 1951 e, pertanto, non soggetta ad
accertamenti da parte della magistratura.
Amendola, però, ha un?idea
completamente diversa e nel respingere il ricorso, ha motivato: «la norma citata
non può essere intesa come un’immunità penale per le persone che agiscono in
nome della Radio Vaticana», e il divieto di ingerenza invocato dalla difesa
«riguarda gli affari interni della Santa Sede, non certo un’attività materiale
che può provocare pericolo all’esterno ed ai cittadini italiani». Tutte
questioni di diritto internazionale che saranno sicuramente riproposte dai
difensori, i quali contestano anche l’insussistenza del reato configurato
«poiché – sottolineano – non esiste alcuna sentenza che riconosca la dannosità
delle onde elettromagnetiche per la salute dei cittadini».
In attesa che la
data del processo venga fissata, al vaglio del pm c’è anche un altro
procedimento riguardante l’inquinamento elettromagnetico: quello prodotto,
secondo una denuncia, dai ripetitori Rai di Pomezia. Ma dopo l’intervento del
sindaco e dell’autorità giudiziaria, la televisione di Stato ha diminuito la
potenza delle radiazioni.

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