Processo Ilva, Ferrante all’attacco
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fonte:
- La Gazzetta del Mezzogiorno
TARANTO. L’ultimo testimone della difesa diserta nuovamente l’appuntamento con la corte d’assise a causa di giustificati motivi di salute, il Codacons apre il giro dei «507», ovvero delle richieste di integrazione probatoria, chiedendo mari (la confisca degli impianti) e monti (l’esame del ministro per l’Ambiente Sergio Costa che, sia detto per inciso, nel periodo dei fatti per cui vi è processo faceva tutt’altro Così la notizia del giorno, nel dibattimento Ambiente svenduto chiamato a far luce sul presunto disastro ambientale provocato dall’attività dello stabilimento siderurgico, sono le dichiarazioni spontanee, con annessa produzione documentale dell’ex presidente Ilva e (per un paio di mesi) custode giudiziario Bruno Ferrante, già prefetto di Milano. Ferrante, difeso dall’avvocato Raffaele Errico, è uno dei 47 imputati alla sbarra in un processo che ha superato la soglia delle 250 udienze e si appresta a vivere la fase della discussione. Presidente dell’Ilva targata Riva per appena due settimane prima del sequestro degli impianti e dell’arresto di proprietari e dirigenti disposto dal gip Patrizia Todisco su richiesta della Procura guidata da Franco Sebastio, Ferrante ha voluto protestare ieri dinanzi alla corte la sua estraneità a ogni addebito. «In alcuni passaggi del processo – ha detto Ferrante – sono stato accusato di mancata collaborazione con i custodi e in definitiva con la stessa Procura della Repubblica. Su questo, desidero evitare ogni equivoco. Per retaggio culturale e per storia personale, non ho mai neanche per un attimo pensato di ostacolare il corso della Giustizia, anzi mi sono adoperato da subito per agevolare le iniziative tendenti a migliorare le condizioni ambientali dello stabilimento e a dare attuazione, per quanto era nelle mie competenze, alle disposizioni dell’autorità giudiziaria». L’ex prefetto di Milano ha ricordato in aula che «la mia nomina a presidente era motivata dall’esigenza di avere un rappresentante della società che fosse interlocutore credibile delle Istituzioni, nonché garanzia di correttezza e lealtà. Questo, devo ritenere, in virtù della mia storia professionale. Fui subito immerso in una situazione difficile e complessa, non solo all’interno dell’azienda e nella città di Taranto, ma anche per i riflessi a livello nazionale. Poi, dopo il 26 luglio, dopo cioè il sequestro, si presentarono gravi motivi di tensione sociale e di preoccupazione per l’ordine pubblico. Furono giorni febbrili e intensi, che richiedevano equilibrio e misura. Questo era il clima in cui ero chiamato a operare». Ferrante ha ricordato che durante la sua presidenza fu predisposto il progetto di copertura dei Parchi minerali e fu presentata istanza al Comune di Taranto per le necessarie autorizzazioni. «La mia attenzione ai temi ambientali è confermata poi dall’Accordo in Regione Puglia, con il quale impegnavo la società a installare un sistema di monitoraggio delle emissioni lungo tutto il perimetro dello stabilimento. Le accuse nei miei confronti mi sembrano in verità del tutto prive di fondamento. Si parla di reati compiuti da me con piena consapevolezza. Ebbene, come avrei potuto commettere i reati di cui mi si accusa quando non avevo alcun potere di gestione dell’area a caldo dello Stabilimento?» Si torna in aula domani.
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