Per il Cda l’offerta francese è troppo poco per un’Opa

Beautiful o Parmalat? La scelta della soap opera è personale. Ma non c’è puntata quotidiana dell’una o dell’altra che non riservi qualche colpo di scena per tenere desta l’attenzione degli spettatori. E così ieri il Consiglio d’amministrazione dell’azienda di Collecchio ha deciso che il prezzo fissato da Lactalis per l’Opa a 2,6 euro “non rappresenta il valore del capitale economico di Parmalat nel contesto di un’operazione di presa di controllo”.
E non è neppure farina del loro sacco perché il Cda ha espresso la sua valutazione dopo “l’analisi svolta dall’advisor finanziario Goldman Sachs International”. Francamente ci pare di poter sommessammente dire che non c’era bisogno di scomodare un advisor del calibro di Goldman Sachs per scoprire che il gruppo francese offre agli azionisti meno di quanto ha pagato per rastrellare le quote dei fondi.
Ma la pronuncia negativa del Cda è arrivata a 24 ore di distanza da quella invece positiva espressa dai sindacati che hanno riscontrato un’ampia condivisione del progetto con i francesi. E non crediate sia finita perché oggi è atteso il verdetto del Tar del Lazio chiamato a esprimersi da un ricorso presentato dal Codacons nelle scorse settimane insieme all’Associazione Utenti Servizi finanziari, bancari e assicurativi, che hanno chiesto la sospensione dell’intera operazione.
Una specie di mondo alla rovescia con i Besnier che ammaliano come le sirene i lavoratori e i loro rappresentanti con “un progetto industriale di crescita, volto allo sviluppo delle attuali aree di attività della Parmalat, sia in Italia che all’estero, con l’ambizione di diventare il principale operatore globale nel mercato del latte confezionato nel rispetto delle realtà locali e in conformità alla propria vocazione industriale” mentre l’azienda “sotto schiaffo” fa barriera per chiudere la stalla quando ormai le mucche sono scappate.

Sezioni: