14 Giugno 2019

Pendolari risarciti anzi no

Va bene risarcire ai pendolari i danni specifici e provati per i disservizi, ma l’ insoddisfazione e il disappunto generici (pur se legittimi nei viaggiatori) invece no. La Cassazione spiega che anche all’ interno di una «azione collettiva di classe» può esserci spazio per il riconoscimento del danno non patrimoniale provocato dai disservizi di chi, come Trenord, fa viaggiare gli utenti: ma questo danno deve essere identificato e documentato nello specifico, e non può essere invece confuso con un indefinito fastidio soggettivo o con la generica insoddisfazione personale o con l’ ansia individuale che l’ utente può patire a causa del disservizio oggetto della class action. Enunciando questo principio che la III sezione civile della Cassazione ha annullato (con rinvio a un nuovo processo d’ Appello) la sentenza della Corte d’ appello di Milano che due anni fa aveva riconosciuto un risarcimento generalizzato di 100 euro a testa per il danno non patrimoniale asserito da 3.000 viaggiatori di Trenord nel dicembre 2012, allorché – a causa di un blackout nel cambio di un software – le programmazioni degli orari dei treni locali e i turni dei macchinisti andarono in tilt per una settimana in tutta la Lombardia, provocando treni cancellati o sovraffollati, corse dirottate, ritardi, mancanza di informazioni. La class action proposta nel 2014 da Altroconsumo, Codacons e Associazione Codici onlus era stata inizialmente rigettata dal Tribunale: ma in secondo grado, il 25 agosto 2017 la Corte d’ appello l’ aveva accolta, pur liquidando 100 euro a testa anziché il rimborso dell’ abbonamento. I giudici d’ appello avevano infatti valutato «indubbio che Trenord avesse causato, per inefficienza nell’ organizzazione, disservizi e disagi tali da coinvolgere migliaia di viaggiatori, in forma continuativa dal 9 al 17 dicembre 2012, costringendoli a subire ritardi, cancellazioni, trasbordi, modifiche di itinerari, sovraffollamento, senza neppure garantire forme di assistenza minime o informazioni su tempi di attesa o eventuali percorsi alternativi». Ora in Cassazione il nuovo ribaltone, accogliendo il ricorso patrocinato per Trenord dall’ avvocato Marcello Cardi, si fonda sul principio che, ai fini del riconoscimento del danno non patrimoniale, sia necessaria «la precisa identificazione dei termini concreti dell’ effettiva serietà e gravità delle lesioni inferte e dei pregiudizi subìti». Parametri che – indica la motivazione redatta dal consigliere Marco Dell’ Utri nel collegio presieduto da Uliana Armano – da un lato devono essere «non confondibili con meri disagi, fastidi, disappunti, ansie o ogni altro tipo di insoddisfazione per gli aspetti più disparati della vita»; e che dall’ altro lato devono essere «capaci di valorizzare i tratti condivisi da tutti i membri della classe, non personalizzabili in relazione a singoli danneggiati, bensì accomunati da caratteristiche tali da giustificarne l’ apprezzamento “seriale” e la gestione processuale congiunta».
luigi ferrarella

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