7 Febbraio 2002

PARTITA A SCACCHI



La Dallas del settore assicurativo, che vede scontrarsi per il controllo di Fondiaria la Sai di Salvatore Ligresti e la Toro del gruppo Fiat, è giunta a un altro tornante: mentre la Montedison ha respinto l`offerta di acquisto dei tre «cavalieri bianchi» di Ligresti, le associazioni dei consumatori e un fondo d`investimento delle Bermude che si diverte a piantar grane in Italia hanno chiesto un`offerta pubblica di acquisto a beneficio degli investitori minori. E intanto Paolo Fresco, presidente della Fiat, ha lasciato intendere che Mediobanca potrebbe essere divisa in due, da una parte la banca d`affari e dall`altra la holding di partecipazioni.
Che ci azzecca Mediobanca? Bè, come in ogni telenovela che si rispetti, non è presto detto. Fondiaria non è la posta ultima in palio nello scontro. Certo, se Fiat riuscisse nel suo intento di prenderla e fonderla non solo con la sua Toro, ma anche con la Sai, nascerebbe il secondo polo assicurativo italiano. Non sarebbe poco e darebbe già un bel fastidio a Vincenzo Maranghi, successore di Cuccia alla guida di Mediobanca. Ma per di più Fondiaria ha un 2% di Mediobanca stessa, e all`interno del patto di sindacato che controlla la banca d`affari milanese quel pacchetto significa qualcosa, perché il patto è diviso in due fazioni, quella di Maranghi e quella di Fiat, e quei due punti passerebbero dall`una all`altra.


Che la fusione a tre sia o meno nel regno del possibile dipende dalla maxi-caparra pagata a suo tempo da Sai per acquisire il 24,4% di Fondiaria. Se i tre amici di Ligresti – JP Morgan, Interbanca e Francesco De Micheli – daranno a Montedison le ulteriori garanzie che questa pretende per dire di sì, Sai si riprende i 258 milioni di euro versati a Montedison, si unisce a Fondiaria e chi s`è visto s`è visto. Se invece questo non succede, Sai potrebbe assentire alla fusione a tre e recuperare almeno una parte della caparra con qualche gioco sui concambi.


Tutte e due le ipotesi presuppongono che il forte gruppo di azionisti Fondiaria schierato con l`attuale Cda, i cosiddetti «fiorentini», non riesca a organizzare una difesa dello status quo prima dell`assemblea del 28 febbraio, nel corso della quale Fiat intende rimuovere il consiglio e insediare gente di sua fiducia.


Fondiaria, in effetti, desidera vendere caro il proprio assenso a qualsiasi merger, e il presidente Aurelio Pecci (protagonista del risanamento della compagnia fiorentina) non vuole perdere il posto. Nel frattempo si sono mossi anche i consumatori. Codacons, Adusbef, Federconsumatori e Adoc hanno preso posizione a favore di un`Opa, diffidando Isvap e Consob dal consentire il trasferimento del pacchetto. «A maggior ragione oggi», dice la loro nota, «dopo che la Consob ha imposto l`Opa, e che l`Isvap ha bocciato il trasferimento, la proposta di acquisto del 22% di Fondiaria da parte di JP Morgan, Francesco Micheli ed Interbanca costituisce un`azione di concerto, messa in piedi dalla Sai per eludere l`obbligo di Opa che Sai deve effettuare per disposizione Consob».


Si è subito accodato a loro il fondo Liverpool, già noto per l`opposizione fatta alla conversione in ordinarie delle azioni di risparmio Telecom ai tempi di Colaninno. Che succederà adesso? Lo sapremo alla prossima puntata.



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