«Paghiamo noi il rincaro per non morire»
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fonte:
- Alto Adige
- Corriere delle Alpi
- Gazzetta di Mantova
- Gazzetta di Modena
- Gazzetta di Reggio
- Il Centro
- Il Mattino di Padova
- Il Piccolo
- il Tirreno
- La Città di Salerno
- La Nuova Ferrara
- La Nuova Sardegna
- La Nuova Venezia
- La Provincia Pavese
- La Tribuna di Treviso
- Messaggero Veneto
- Trentino extra
ROMA – Non solo i colossi come Ikea e Coop. Diversi esercenti dal nord al sud d’ Italia hanno deciso di congelare i listini pur di non frenare i consumi. «Da oggi cari politici vi pagherò l’ Iva al 22%. Io non aumenterò i prezzi. Voi non capite, o fate finta di non capire, ma io sì». La scritta che campeggia nella vetrina di una cartoleria in viale Spartaco Lavagnini, a Firenze, racconta lo stato d’ animo di tanti commercianti italiani che, sulla scia di colossi come Ikea, Coop ed Esselunga, hanno deciso di lasciare gli stessi listini di settembre, riassorbendo il rincaro dell’ imposta dal 21 al 22 per cento scattato il primo ottobre scorso. Uno sforzo che cercheranno di portare avanti almeno fino alla fine dell’ anno, per arginare la perdita di clienti già in atto da mesi. Consumatori e venditori del resto sono sulla stessa barca: secondo il Codacons infatti il punto in più di Iva provocherebbe un calo dei consumi del 3 per cento. Una ecatombe, soprattutto in vista dello shopping natalizio. Da qui la decisione degli esercenti di resistere e stringere i denti. Meglio un sacrificio oggi che una chiusura domani, è il loro leitmotiv. Soprattutto dopo un anno di crisi pesantissima. Scongiurare la fuga dei clienti. La parola d’ ordine dei consumatori è risparmiare, almeno lì dove si può. Codacons traduce in numeri la stangata Iva: una famiglia di cinque persone spenderà fino a 349 euro in più rispetto all’ anno scorso. Proprio per salvare il potere di acquisto dei clienti e non vedere i propri negozi vuoti, diverse associazioni di categoria in tutta Italia hanno deciso di adottare il blocco dei prezzi. Il direttore della Confesercenti provinciale di Reggio Emilia Roger Ganassi spiega lucidamente: «Sono oneri che ci carichiamo noi commercianti perché una lievitazione dei prezzi inciderebbe ulteriormente su un livello dei consumi che è senza precedenti. Il rischio è di chiudere bottega per mancanza di acquirenti». Grande e piccola distribuzione. Il rincaro del carburante va a incidere sulla distribuzione di tutti i prodotti, anche quelli considerati beni primari, come pane e pasta, riso, farina, latte e formaggi, frutta e verdura, che pure mantengono l’ Iva al 4%. Se le grosse catene alimentari come Esselunga e Coop riescono a sostenere il congelamento dei prezzi, è più difficile la situazione per i piccoli supermercati. La Sisa, che in Sardegna ha 200 punti vendita, ha annunciato un investimento di circa 1 milione di euro proprio per mantenere inalterati i listini. «La raffica di rincari in arrivo peserà in modo significativo – è scritto in una nota – se si pensa che riguarda circa il 30% delle merceologie trattate dalla nostra catena». Spostandosi nel Nordest, si trovano altri esempi. A Trento scelgono i listini bloccati, almeno per ora, il gruppo supermercati Poli, la società cooperativa Dao – centro distributivo dei supermercati Conad – e la cooperativa Sait. «I prodotti più toccati dall’ incremento Iva sono quelli in scatola – chiarisce il direttore generale della Sait Luigi Pavana – quindi cercheremo accordi con i produttori, per calmierare il caro prezzi». I commercianti fanno blocco. Al di là delle posizioni dei singoli commercianti, ci sono casi in cui la scelta di addossarsi l’ Iva riguarda la collettività. Succede per esempio in Toscana. A Montecatini, nel Centro commerciale naturale, gli esercenti sono tutti d’ accordo in questa scelta definita «di buon senso», dallo stesso presidente del consorzio Claudio Chimenti. Tecla Biancolatte.
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