«Ogni giorno costretta a scalare 50 gradini con il deambulatore»
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fonte:
- Il Messaggero
LA STORIA «Anziché aiutarmi negli spostamenti la metro per me è diventata una prigione». Claudia Manciocco, 55 anni, ha raccontato al Codacons il tragitto che compie ogni mattina per andare al lavoro. Un viaggio che diventa un incubo. «Ho una seria disabilità motoria permanente e involutiva – ha denunciato la donna all’ associazione di consumatori – Quando arrivo alla stazione Cinecittà, ho bisogno dell’ elevatore per disabili, un impianto che va manovrato manualmente per aprire e chiudere le porte». Ma mancando il personale «purtroppo la stazione spesso è lasciata incustodita e tutti gli impianti vengono disattivati a partire dall’ ascensore». «Quando funziona – continua la Manciocco – mi è capitato più volte di avere problemi con le porte automatiche. Comunque sono costretta a salire le scale da sola appoggiandomi al deambulatore, una sofferenza di oltre cinquanta gradini che spesso mi ha obbligata a cure di emergenza e pronto soccorso». È accaduto che gli stessi operatori dell’ Atac abbiano chiamato il 118 per soccorrere l’ impiegata dopo l’ arrivo in cima. «Per via della malattia – aggiunge – insieme al dolore provo un forte senso di svenimento e senza l’ intervento di un medico rischio il collasso. Di recente, dato che nessuno rispondeva alle mie chiamate dal citofono della banchina, sono stata costretta a chiedere l’ intervento delle forze dell’ ordine». IL PRONTO SOCCORSO Oltre al danno la beffa: non bastassero le sofferenze fisiche, il mancato funzionamento degli ascensori per disabili ha comportato alla signora Manciocco anche un danno economico consistente. «Sono una dipendente della pubblica amministrazione, vengo quindi sottoposta a tutti i tagli dello stipendio per malattia. E proprio per via delle ferite che mi sono procurata sulle scale della metro negli ultimi mesi sono stata costretta ad assentarmi e mi sono state decurtate notevoli somme dalla busta paga. E visto che non guadagno moltissimo per me questa cifra fa la differenza. Oltre al dolore fisico e all’ intervento del 118, mi sono sentita umiliata e impotente di fronte ad una punizione che non credo proprio di meritare». IL CALVARIO La prima tappa dell’ odissea quotidiana di Claudia è la stazione Termini, «dove per fortuna da qualche tempo hanno attivato gli ascensori, anche se spesso qualche maleducato li utilizza come toilette e non sempre c’ è un controllo adeguato da parte degli operatori». Ma almeno le barriere, lì, stazione sono state superate. Ma è solo un ostacolo in meno nel percorso verso l’ ufficio. «A Termini scendo e prendo il 360 che mi porta fino a Manzoni, dove c’ è l’ ascensore. Poi arrivo a Cinecittà e qui posso risalire solo dalle scale. È il momento più difficile, perché mi sento male e non posso arrivare in ufficio, oppure ci arrivo in condizioni tali da non poter lavorare». Al ritorno la donna cambia tragitto ma le difficoltà rimangono. «In genere prendo il 502 fino ad Anagnina dove però sono costretta a salire le scale perché l’ impianto per disabili non è ancora attivo, in attesa di un collaudo da non so quanto tempo. Quando arrivo a casa ho la schiena a pezzi e non sono più in grado di camminare. Sto veramente male e il giorno dopo devo ricominciare il calvario. A volte ho pensato di prendere l’ autobus, ma a parte il fatto che molte volte passano solo quelli senza pedana, preferisco il treno perché mi salva la schiena dalle strade dissestate. Ma così è un incubo anche la metro. E tutto questo mi distrugge, tanto più che devo affrontare il problema delle assenze dal lavoro e mi costa economicamente tanto». L.D.C. © RIPRODUZIONE RISERVATA.
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Tags: ascensori, Atac, deambulatore, disabilità motoria, impianto