31 Luglio 2019

Obsolescenza programmata, danno da 100 miliardi l’anno. Il parere dell’Antitrust

 

L’obsolescenza programmata costa ai consumatori europei circa 100 miliardi di euro all’anno. La media di vita di un elettrodomestico si è sensibilmente ridotta rispetto agli anni ’70 e ciò costringe gli utenti ad acquistare nuovi e più costosi modelli sul mercato.

Sull’argomento è intervenuto il presidente dell’Autorità Antitrust, Roberto Rustichelli che, durante l’audizione di questa mattina presso la Commissione Industria del Senato, ha espresso il suo punto di vista sul ddl per il contrasto all’obsolescenza dei beni di consumo.

L’Autorità ha avuto modo di occuparsi del fenomeno dell’obsolescenza programmata nell’ambito di due istruttorie concluse nel 2018, aventi ad oggetto le condotte attuate dai gruppi Apple e Samsung in relazione ad alcuni noti smartphone da essi prodotti.

Le condotte accertate hanno riguardato il rilascio di alcuni aggiornamenti firmware dei rispettivi telefoni cellulari, che avevano provocato gravi disfunzioni e ridotto in misura significativa le prestazioni dei telefoni, in tal modo accelerando il processo di sostituzione degli stessi da parte dei consumatori.

Con i provvedimenti di chiusura dei due procedimenti, l’Autorità ha vietato la diffusione o la continuazione delle pratiche commerciali scorrette accertate e ha irrogato, tenuto conto della gravità delle condotte e della dimensione dei professionisti, una sanzione di 5 milioni di euro a Samsung e una sanzione complessiva di 10 milioni di euro ad Apple, prescrivendo altresì la pubblicazione di una dichiarazione rettificativa sulla pagina del sito Internet di ciascuna impresa.
Il ddl: punti di forza e criticità

Secondo l’Autorità, uno dei punti qualificanti della nuova disciplina è la maggiore tutela del consumatore. Il disegno di legge infatti prevede, accanto all’introduzione del divieto per i produttori di “mettere in atto tecniche che possano portare all’obsolescenza programmata dei beni di consumo” il rafforzamento degli obblighi informativi gravanti sugli stessi.

In quest’ottica, rileva l’inserimento sia della “durata di vita dei prodotti e dei servizi” tra gli obblighi generali di carattere informativo cui è tenuto il produttore, sia del riferimento alla “durata presumibile del prodotto” nell’ambito delle indicazioni che i prodotti o le confezioni dei prodotti destinati ai consumatori debbono riportare in modo chiaramente visibile e leggibile.

Tra gli aspetti da migliorare previsti nella nuova norma rientra invece la durata della garanzia legale prevista a 4 anni per i beni di piccole dimensioni e a 8 anni per i beni di grandi dimensioni.

Per l’Autorità, questa proposta non appare tener conto della estrema varietà dei prodotti, del loro diverso tasso di utilizzo e della diversa evoluzione tecnologica che caratterizza ogni mercato e che costituisce un rilevante ambito di confronto competitivo sul mercato.

Inoltre, l’Autorità rileva alcune criticità riguardo all’applicabilità della norma che dovrebbe essere riferito solo ai beni il cui contratto d’acquisto è stato concluso prima della entrata in vigore della nuova legge.
Il commento del Codacons

“Oramai è stato appurato senza ombra di dubbio che grandi e piccoli elettrodomestici sono costruiti per durare meno nel tempo, così da spingere i consumatori ad acquistare con maggiore frequenza nuovi modelli – spiega il presidente Carlo Rienzi, presidente del Codacons– Rispetto al passato, quando la vita media di una lavatrice o di un frigorifero era di 20 anni, oggi la durata di utilizzo di un grande elettrodomestico è scesa tra i 5 e gli 8 anni. Questo perché i prodotti escono dalla fabbrica predisposti per manifestare difetti dopo alcuni anni di vita, quando non è più in vigore la garanzia e la loro riparazione non risulta conveniente”.

“Per tale motivo chiediamo al Parlamento e alle autorità europee di attivarsi per estendere la garanzia sui beni di consumo, portandola a 5 anni per i piccoli elettrodomestici e a 10 anni per i grandi elettrodomestici, in modo da combattere efficacemente l’illegittima pratica dell’obsolescenza programmata” – conclude Rienzi.

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