No al patteggiamento di Schettino
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fonte:
- il Tirreno
di Pierluigi Sposato wGROSSETO No al patteggiamento per Francesco Schettino: i 3 anni e 4 mesi proposti dalla difesa sono troppo pochi per la Procura che lo ritiene responsabile di omicidio plurimo colposo, lesioni e naufragio colposo più abbandono di nave e abbandono di incapaci a bordo. «Non se ne parla proprio – dice il procuratore Francesco Verusio – è una proposta ridicola». E se i legali del comandante parlano di un’ inaccettabile disparità di trattamento con gli altri cinque indagati, le cui proposte sono state invece accolte («due pesi e due misure» lamenta l’ avvocato Francesco Pepe), le pene concordate scatenano comunque l’ ira delle parti civili: «Uno scandalo», dicono i legali di Giustizia per la Concordia e di Codacons. Perché «la Procura non ha dato dignità alle posizioni dei passeggeri e non ha accolto la richiesta di subordinare la sospensione della pena al risarcimento. Ha sottodimensionato i reati». Col patteggiamento, il risarcimento è ottenibile solo in sede civile. Si sono accese di nuovo le polveri. La seconda fase dell’ udienza preliminare per la tragedia della Concordia ha vissuto, fuori e dentro il teatro Moderno di Grosseto trasformato in aula di giustizia, una nuova puntata di polemiche a non finire. Con la Procura che si definisce soddisfatta perché le richieste difensive confermano «la bontà del lavoro svolto» e invita a farla finita con la denuncia di presunti «misteri e lacune» nell’ inchiesta; con i difensori dei naufraghi che attaccano i magistrati inquirenti e chiedono il sequestro di una nave in costruzione (la Diadema) a garanzia dei risarcimenti; e con il giudice Pietro Molino che ha dato appuntamento a domani per valutare la congruità dei patteggiamenti approvati, avvertendo le parti di farsi trovare «pronte a tutto, anche a un’ eventuale discussione». Frase che potrebbe anche significare che i patteggiamenti potrebbero essere respinti. E con un’ incognita sul rito abbreviato (condizionato a proprie perizie) prospettato come «possibilità» dalla difesa del comandante, che si riserva di chiedere un esperimento con la nave gemella, la Serena, per dimostrare il peso delle responsabilità del timoniere che non capì gli ordini di Schettino. Il quale a chi gli ha chiesto, a fine udienza, della proposta di patteggiamento ha risposto «non l’ ho fatta io», attribuendone quindi la responsabilità ai suoi legali. Le parti civili, anche gli stessi naufraghi presenti, si dicono «indignati» dalla ridotta portata delle pene concordate. Quali? Due anni e 10 mesi per il responsabile dell’ unità di crisi Roberto Ferrarini; 2 anni e 6 mesi per l’ hotel director Manrico Giampedroni; 1 anno e 11 mesi per l’ ufficiale Ciro Ambrosio; 1 anno e 6 mesi per l’ altro ufficiale Silvia Coronica; 1 anno e 8 mesi per il timoniere Jacob Rusli Bin (pena sospesa solo agli ultimi tre). «Troppo poco, ci sono delle vittime», sintetizzano i difensori elencando i reati contestati. Costa Crociere in questa polemica non vuole entrare. Ha accolto in apertura di udienza tutte le chiamate come responsabile civile, anche quelle non ancora notificate, ma sulle pene non ha nulla da dire: «Per noi i cinque dipendenti non hanno responsabilità – dice l’ avvocato Marco De Luca – Non so dire quindi se le pene sono congrue o no». Ma chiamato a replicare sulle dichiarazioni delle parti civili («solo il 50% dei naufraghi è stato risarcito») il legale non ci sta: «Io ho cifre diverse e le porterò: dei 3.092 passeggeri, ben 2096 hanno raggiunto una transazione e 80 hanno rinunciato; dei mille componenti dell’ equipaggio, 947 sono stati integralmente risarciti».
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