Niente piante sui balconi e finestre da murare
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fonte:
- Corriere di Bologna
Dietro le sbarre ci sono i ragazzini. Davanti a pochi metri di distanza famiglie che con loro non c’entrano niente. Sono quelle che abitano attorno al carcere minorile del Pratello, in case che costeggiano o si appoggiano al muro di recinzione dell’istituto. Persone che in molti casi non sopportano più questa convivenza. Sarà anche vero, come dice il direttore del centro Giuseppe Centomani, che «il problema del Pratello è nel non essere mai stato realmente preso in carica dalla città e dalle istituzioni». Di certo, le difficoltà di vivere ai confini con un vicino così ingombrante esistono. «A volte sembra che in galera ci siamo noi», dicono residenti e commercianti: c’è chi, per motivi di sicurezza, ha dovuto togliere l’edera nel proprio giardino e chi ha sentito parlare di finestre da murare. Tutti concludono con la stessa domanda: «Perché tenere un carcere in centro?». Parlando con loro, si scopre che gli infiniti lavori di ristrutturazione che durano da 7 anni non creano problemi solo all’interno della struttura. Graziano Martuzzi, un artigiano che lavora in una stradina interna a via de’ Marchi di fianco a uno degli ingressi del carcere, racconta: «Da qui entrano in continuazione i mezzi pesanti per i cantieri. C’è sempre polvere, rumore e quando passano trema tutto ». C’è una colonna, nel portico vicino, con un crepa vistosa: il palazzo ha chiesto una perizia. E il Codacons, al quale i residenti si sono rivolti, in giugno ha fatto un esposto indirizzato al Comune e alla direzione del Pratello, in cui si parla di «preoccupanti lesioni» agli edifici. Ma si denuncia anche altro: da quando, in febbraio, i detenuti sono stati spostati nella nuova ala ristrutturata, più vicina a quell’ingresso, nella stradina il clima è cambiato. «Ci hanno detto che volevano chiudere la strada con un cancello continua Martuzzi. Qui siamo noi in galera, non è giusto». Del cancello, per ora, non si sa nulla. In compenso, sono cominciate a fioccare multe per divieto di sosta: «Non si lavora più», continua Martuzzi, che fa il vetraio. D’accordo Enzo Chiarullo, un residente: «Già vivere in centro è faticoso, qui si supera il limite». Di fronte alle sue finestre, a poca distanza, ci sono quelle dell’edificio ora adibito a carcere. Guarda il palazzo: «Questo è un immobile di pregio in una collocazione strategica. È opportuno tenerci un carcere?». Quanto all’evasione di domenica, «poteva andare peggio, potevano finire a casa di qualcuno».
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