1 Ottobre 2001

Nessun dorma, passa il treno

PROTESTE Ferrovie dello Stato ancora sotto accusa: troppo rumore. E niente soluzioni
Nessun dorma, passa il treno
687 contenziosi aperti. Una causa persa. E un piano ambientale che decollerà. Nel 2015

Quella notte di tre anni fa, a Bonassola, il perito competente d?acustica Benito Mori non credeva alle proprie orecchie. Era lì, col microfono in mano e le finestre chiuse, in piedi nella stanza numero 8 della Pensione Moderna, a sei metri dai binari. Toton-toton, il primo treno. Toton-toton, il secondo. E il terzo, il quarto, il decimo. 45 treni sono passati dal tramonto all?alba. Uno ogni dieci minuti. Un inferno. Verdetto del signor Mori: «70,8 decibel: un terzo in più dei 55 consentiti dalla legge». Sospiro della signora Zoppi, fondatrice della pensione nel ?51, quando il treno lì non c?era: «Eh, già». Approvazione della figlia Carla, che, dopo avere perso centinaia di clienti e aver contato 220 treni al giorno, si è risolta a rivolgersi a un avvocato: «Lo dicevo, io». Esultanza dell?avvocato medesimo, Franco Borachia: «Causa!». Vinta. La Pensione Moderna di Bonassola, con le sue tre stelle e la conduzione familiare, è riuscita nell?impresa impossibile: portare in Tribunale, sulla rumorosità, le Ferrovie dello Stato. E, unico caso pare in Italia (con un condominio di Varazze), batterle: due volte. La prima il 23 agosto ?99, quando Antonio Di Martino, presidente del Tribunale di La Spezia, ha condannato le Fs. La seconda il 23 dicembre ?99, quando lo stesso tribunale ha respinto il ricorso che le Ferrovie avevano presentato. Così, lo scorso agosto, la Provincia di La Spezia ha potuto ratificare il nulla osta già dato dal Comune: via libera alle barriere antirumore dietro il giardino della Pensione Moderna. A carico delle Ferrovie: un miliardo, s?è calcolato.
È un caso eccezionale che un privato sia riuscito là dove non riescono le leggi da anni. E dove non ha ottenuto nulla, finora, nemmeno il Codacons. Il Comitato di difesa dei consumatori, infatti, sul rumore dei treni ha atteso invano due risposte. La prima, a un ricorso presentato nel ?99 contro il decreto sui decibel del ?98 («Il governo ha innalzato la soglia rispetto al ?97 per favorire le Ferrovie», accusa il presidente, Carlo Rienzi), la seconda, a una diffida del 2000 verso le Fs e l?allora ministro per l?Ambiente, Willer Bordon, per «l?urgente emanazione del piano di bonifica delle tratte a rischio». Ora si è rivolto al Tar. Che, assicura, emetterà a giorni un?ordinanza perché le Ferrovie, e il governo, giustifichino un ritardo di sei anni.
Dietro la privata lieta fine della Pensione di Bonassola c?è infatti una storia nazionale burocratica e infinita. La storia di un piano di bonifica ambientale annunciato e mai partito, di decreti che aumentano i livelli di guardia anziché abbassarli e di treni sempre più veloci, sempre più vicini alle case, sempre più insonorizzati dentro ma rumorosi fuori; sempre, come vuole l?intermodalità, più lunghi e carichi di container (con 90 milioni e 300 mila tonnellate trasportate, il 2000 è stato l?anno record per le merci). La storia di 6.100 chilometri di binari e di 687 contenziosi aperti: uno ogni 8 chilometri e 800 metri .
Tante risultano essere infatti, oggi, le cause avviate per rumorosità verso quelle Ferrovie dello Stato che quest?anno, prima volta, grazie all?efficienza (treni più pieni), chiuderanno il bilancio in pari. E sette sono i procedimenti penali. Denunce partite non da chissachì ma da Comuni come Reggio Emilia, Genova, Pisa, da ospedali come il Mayer di Firenze e il Sant?Andrea di La Spezia, da colonie di vacanza come quella di San Benedetto. Accuse firmate non solo dagli albergatori di Alassio o dai condomini di via Panzini a Bellaria, ma dai sindaci: di Senigallia e di Reggello, di Figline Valdarno e di Follonica, di La Spezia e di Cupra Marittima. «I cittadini sono disperati», si allarma il Codacons. Ma se finora non s?è fatto niente è perché una vera legge non c?è mai stata.

In Italia la rumorosità dei treni è diventata oggetto del Codice civile solo nel ?95, quando fu varata la legge quadro 447 sull?inquinamento acustico. Prevedeva «l?adozione di piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore», ma aveva un difetto: non fissava i limiti di decibel. Quelli sono stati decisi solo col decreto del Consiglio dei ministri del 14 novembre ?97. E subito innalzati: col decreto del ?98 del presidente della Repubblica (quello che il Codacons contesta: 55 decibel di notte, 65 di giorno). Tutto a posto? No. Mancavano le date. Non si specificava entro quando binari e treni dovessero essere messi in regola. Così per anni si è parlato dell?imminente partenza di un generico «piano nazionale antirumore» (senza il quale nessuna singola iniziativa poteva essere avviata: su questo hanno impostato la difesa le Fs nella causa di Bonassola). Mai partito. Soltanto nove mesi fa, nel novembre 2000, è stato approvato il decreto che decide le scadenze. Risolve la questione? No, la complica e ritarda di altri 15 anni.
Da un lato, infatti, dice che a trattare con le Ferrovie dello Stato non è più lo Stato, ma sono le Regioni. Vuol dire che per mettere le barriere antirumore in tutta Italia (e si parla di 8 mila chilometri di linea, con un costo fra i due e i dieci miliardi a chilometro), ora le Fs devono avere 21 timbri d?approvazione anziché uno. Dall?altro lato, spiega che le Ferrovie hanno tempo fino all?agosto 2002 per preparare la «mappatura» (cioè definire quali tratti di linea sono rumorosi e quanto), fino al 2004 per decidere quali interventi avviare e fino al 2015 per far partire i piani. Dopo averli sottoposti agli enti locali. Lavoro arduo, visto che le rilevazioni di rumorosità vengono fatte dalle Arpa, le agenzie per l?ambiente e ci sono Regioni che l?Arpa non l?hanno. Ma che importa? Per legge, c?è tempo 15 anni. «Si può fare una colpa a noi di questo?», si chiedono alle Ferrovie. Loro, la parte, l?hanno fatta. «Dove i Comuni hanno dato il permesso abbiamo già investito una ventina di miliardi». Se poi è lo 0,3% dei 6 mila stanziati, pazienza. «Il rumore del traffico ferroviario risulta meglio accettato dalla popolazione per l?immagine positiva dei treni». Parola del ministero dell?Ambiente. Il toton-toton è più bello del brum-brum.

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