9 Dicembre 2012

Nella valle degli ultimi abeti “I nostri alberi di Natale spazzati via dalla plastica”

Nella valle degli ultimi abeti “I nostri alberi di Natale spazzati via dalla plastica”

PISTOIA – A vederli in fila, in questa terra che parte da Ramini e sale verso il monte Albano, sembrano soldatini pronti alla parata. Gli abeti Lasiocarpa, Kosteriana, Nordmandianna, Concolor, assieme a tanti altri, sarebbero pronti alla trasferta nelle case degli italiani. Agghindati con palline colorate e nastri argentati lascerebbero i loro nomi complicati per diventare, semplicemente, “alberi di Natale”. Molti (purtroppo per i coltivatori che li hanno seminati, innestati, potati, annaffiati per almeno cinque anni) resteranno invece qui. «Non è che li tagliamo e li buttiamo via, gli invenduti», raccontano Alberto e Roberto, fratelli e soci del vivaio Chiti. «Possono resistere un altro anno o due. Ma ci sono già gli alberi che erano pronti l´anno scorso o due anni fa e se non si vende diventa difficile seminare e innestare per i prossimi anni. Il mercato, purtroppo, è in crisi». Cadono fiocchi di neve e sembra di essere dentro un spot di Natale. «L´abete più bello, secondo noi, è il Kosteriana. I suoi rami hanno un colore che passa dal celeste al blu, mentre gli aghetti, i rametti nuovi, sono argentati. Anche il Normandianna non scherza: è luminoso, sembra che sia lucidato ogni mattina». Ci sono mille colori, in queste vallate dove nascono gli ultimi alberi di Natale. La plastica avanza e rischia di uccidere l´albero vero. Già nel 2011 c´è stato il primo sorpasso: poco più del 50 per cento dei 12 milioni e mezzo di alberi di Natale entrati nelle case italiane – dati Codacons – erano sintetici. Quest´anno il divario è ancora più forte. «Secondo le nostre stime – dice Domenico Mastrogiovanni, agronomo del dipartimento sviluppo agroalimentare della Cia, la Confederazione italiana agricoltori – l´albero finto arriverà al 60 per cento, e questo è un guaio per i coltivatori e per tutti gli italiani, che si mettono in casa un oggetto che ha prodotto e continua a produrre inquinamento». Secondo il Pcfc Italia (Programma di valutazione degli schemi di certificazione forestale) per produrre e distribuire un albero finto si emettono 21 chilogrammi di Co2 se in Pvc e 12 chili se in polietilene. Per mezzo milione di alberi di plastica si accumulano 115 mila tonnellate di anidride carbonica. Una volta buttati, impiegano duecento anni per degradarsi, con impatto ambientale devastante. Ma i numeri che raccontano il crollo dell´albero vero sono pesanti: in questo Natale la vendita degli abeti piccoli e medi, che è la più diffusa, sta segnando un tonfo del 30 per cento. E anche per gli alberi arrivati da lontano (soprattutto dai Paesi scandinavi) non c´è futuro. «Fino a cinque anni fa – racconta Domenico Mastrogiovanni – arrivava un milione di piante pregiate. Adesso registriamo un calo dell´80 per cento. Colpa soprattutto del caro-gasolio. Oggi costa più il trasporto del prodotto, e in un camion non puoi ammassare alberi vivi. Di quelli finti, ne puoi caricare decine di migliaia». La fantasia non manca a chi mette sul mercato alberi in Pvc o polietilene. “Il re dell´Amazzonia”, così viene chiamato uno dei tanti alberi made in China come l´80 per cento dei suoi simili. «Guardi, è alto ben 210 centimetri e non è solo di plastica: c´è dentro anche il ferro. Costa 80 euro». «Ma ha visto questo albero? Non ha bisogno di lampadine. I rami si illuminano da soli, se vuole a intermittenza. Costa solo 120 euro». Ma se si guarda al portafoglio, i “finti” sono imbattibili. Fai la spesa una volta per sempre, rimetti l´albero nella scatola e l´anno prossimo non devi andare al vivaio. Secondo la Cia, gli abeti piccoli, quelli che arrivano a 50 centimetri, vengono pagati al produttore dai 6 ai 7 euro e al consumatore costano 10-15. Dai 50 ai 100 centimetri, il prezzo -sempre per l´acquirente finale – è di circa 50 euro. Per i grandi di 3-4 metri si arriva a 300 euro. «C´è anche un netto calo di ordini – dice Mastrogiovanni- da parte degli enti pubblici. Per risparmiare non mettono più un grande albero in piazza. Ma salvare l´albero vivo e profumato sarebbe importante per tutti. Farlo conoscere ai bambini, ad esempio, è molto importante. Attorno alle sue luci, si può parlare di natura, di ambiente, del lavoro del boscaiolo. C´è a questo proposito un fatto nuovo: ci sono famiglie che dopo l´Epifania portano il loro albero vivo in campagna e chiedono al contadino se può piantarlo. E poi lo vanno a trovare, per vedere come cresce, come fosse un amico». Quest´anno il Casentino ha perso, causa siccità e crisi del mercato, metà delle vendite. «Nelle nostre duemila aziende vivaistiche pistoiesi – raccontano i fratelli Chiti – per ora c´è stato un calo del 20 per cento, ma il fatto grave è che a due settimane dal Natale il mercato ancora non si muove. Noi abbiamo nei nostri vivai 500 essenze. Si può “costruire” il giardino più bello del mondo. Noi, che cominciamo a lavorare oggi per una pianta che sarà pronta fra cinque o dieci anni, dobbiamo avere davvero fiducia nel futuro». La neve continua a cadere e imbianca gli abeti. «Ha visto che spettacolo? E c´è chi preferisce un fantasma di plastica e ferro».

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