13 Gennaio 2022

Naufragio Costa Concordia, che cosa è successo 10 anni fa

Erano le ore 21.45 del 13 gennaio 2012, ormai 10 anni fa, quando naufragava la Costa Concordia, nave da crociera guidata dal comandante Francesco Schettino.

La nave colpì “Le Scole”, alcuni scogli situati nei pressi dell’Isola del Giglio, riportando una falla di 70 metri sul lato sinistro della carena. Nell’incidente morirono 32 passeggeri. Per la strage è stato condannato a 16 anni di reclusione il comandante Francesco Schettino per omicidio colposo plurimo, naufragio colposo, lesioni colpose plurime, abbandono della nave e false comunicazioni.

Il caso italiano, il clamore mediatico

La vicenda ha suscitato grande clamore mediatico per la dinamica dei fatti, la portata del disastro dal punto di vista umano e ambientale e per l’abbandono della nave, fortemente contestato dall’opinione pubblica e oggetto di dibattito dopo la diffusione del contenuto di alcune intercettazioni che vedevano protagonista Schettino e il capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno Gregorio De Falco.

Nel corso di una delle telefonate di quella notte, De Falco intimava a Schettino tornare a bordo della nave in tono perentorio e senza successo.

La ricostruzione della notte del disastro e il recupero della nave sono state due delle operazioni più complicate della storia recente della giustizia italiana. I resti della Costa Concordia sono stati smaltiti definitivamente il 7 luglio del 2017 per mano del gruppo specializzato Genova Industrie Navali.

L’inchino e l’impatto della Costa Concordia

La Costa Concordia era partita dal porto di Civitavecchia e stava viaggiando verso Savona per l’ultima tappa dell’itinerario programmato “Profumo d’agrumi” alla scoperta delle meraviglie del Mediterraneo. A bordo vi erano 4229 persone (2316 passeggeri e 1013 membri dell’equipaggio). Alle 21.45 del 13 gennaio 2012, Costa Concordia ha urtato un gruppo di scogli, riportando una falla di 70 metri che ne ha imposto l’arresto. Prima di quel momento, il comandante Schettino aveva ordinato alle 21.04 la manovra nota al pubblico come “inchino” nei pressi dell’Isola del Giglio. L’omaggio sarebbe stato chiesto, secondo quanto poi deposto da Schettino, dal maitre Antonello Tievoli, possessore di una casa proprio sull’isola.
Il naufragio

Con l’arresto della nave, l’acqua si è riversata all’interno della falla di 70 metri aperta sul lato di sinistra dello scafo. I motori elettrici sono stati posti subito fuori uso e i generatori a gasolio hanno smesso di funzionare causando un blackout pochi secondi dopo l’impatto. In breve tempo sono stati allagati i compartimenti 4,5,6 e 7 fino all’altezza del ponte. L’acqua ha sommerso il quadro elettrico principale, i motori elettrici e tutti i generatori diesel.

La nave era stata progettata per rimanere a galla con due compartimenti contigui allagati ma la rapidità del fenomeno è stata tale da impedire ogni misura di controllo. Nel giro di cinque minuti tutti gli ufficiali hanno raggiunto i posti di servizio. Alle 21.49 il direttore di Macchina Pilon ha riferito, su richiesta di Schettino, che la nave stava imbarcando acqua. Alle 21.51 ha comunicato che il quadro elettrico principale era allagato. Alle 21.58 i comandanti in seconda Bosio e Christidis hanno riportato che l’acqua era giunta al ponte. Solo a quel punto l’ex comandante Schettino ha contattato telefonicamente il capo dell’unità di crisi della flotta di Costa Crociere, Roberto Ferrarini. A lui ha riferito in breve la situazione. L’accaduto non era ancora stato comunicato ai passeggeri, già in allarme.

I primi contatti con la Capitaneria di Porto

Alle 22.02, pochi minuti dopo la chiamata a Costa Crociere, la Capitaneria di Porto di Civitavecchia ha contattato la Costa Concordia. In un primo momento, Schettino ha richiesto l’intervento di un rimorchiatore e in una seconda versione ha solo comunicato che era in corso un blackout e che il personale stava valutando il da farsi. Alle 22.09 è arrivata la telefonata da Circomare Porto Santo Stefano. Anche in questo caso, Schettino ha riferito del blackout e non dell’acqua a bordo. Nonostante le comunicazioni con la Capitaneria di Porto, la situazione non è cambiata in meglio a bordo della Costa Concordia, sempre ferma e al buio dalle 21.45. Alle 22.10 il direttore di macchina Pilon ha riferito che i locali 4,5 e 6 erano ormai allagati. Schettino ha fatto quindi un altro passaggio con Ferrarini alle 22.06, comunicando questa volta la perdita di propulsione della nave e la mancanza di elementi per prevedere la sommersione. La situazione è apparsa quindi più grave di quanto inizialmente prospettato e circa 30 minuti dopo è avvenuto il primo contatto tra la Capitaneria di Porto di Livorno e la nave.
La telefonata tra De Falco e Schettino, “Salga a bordo ca**o!”

Dall’altra parte della cornetta c’era il capo della sezione operativa Gregorio De Falco. Da Livorno hanno chiesto quindi lo stato di sicurezza della nave dopo che, alle 22.06, i Carabinieri di Prato avevano ricevuto la segnalazione di un passeggero che parlava del cedimento del soffitto del ristorante. Soltanto alle 22.13, Schettino ha ammesso davanti Capitaneria di Porto di Livorno che era in atto un blackout. Non sono state menzionate la falla e l’allagamento in corso. Alle 22.17 l’ex comandante ha chiamato nuovamente Ferrarini sostenendo che i compartimenti allargati fossero solo due e che la nave avrebbe continuato a galleggiare. L’intera situazione è stata spiegata alla Capitaneria di Porto Livorno soltanto alle 22.25, dopo aver chiesto conferma dell’allagamento per due volte al personale e aver cercato di tranquillizzare i passeggeri riferendo che i problemi all’impianto elettrico erano stati risolti e che tutti potevano far ritorno alle cabine. Alle 22.40 l’ex comandante ha richiesto di nuovo a Livorno l’invio di rimorchiatori. In quell’occasione ha riferito di aver ordinato ai passeggeri di indossare i giubbotti salvagente. Nessuno dei civili a bordo però era stato informato dell’emergenza in atto. Tutti erano stati convinti si trattasse di un problema al quadro elettrico, con la luce poi ripristinata con l’attivazione del generatore di emergenza. Alle 22.24 la Costa Concordia, fino ad allora sbandata sulla sinistra, ha cominciato a inclinarsi sulla dritta.
L’emergenza e l’abbandono della nave

Pochi minuti dopo gli ufficiali hanno riferito che la sala macchine e i locali connessi erano completamente allagati e che dunque non era possibile effettuare alcuna manovra. Alle 22.27 Schettino ha ammesso con Ferrarini che i compartimenti allagati erano tre e che le cose stavano rapidamente precipitando. Nel frattempo l’agitazione ha cominciato a dilagare: i passeggeri avevano infatti iniziato a salire sulle lance di salvataggio di propria iniziativa, aggredendo anche i membri dell’equipaggio che avevano cercato di fermarli. Alle 22.31 Schettino si è visto quindi costretto a ordinare l’evacuazione del personale che si trovava nei comparti allagati. Poco dopo è stato lanciato il segnale di emergenza generale e alle 22.36 i passeggeri sono stati pregati di radunarsi ai punti di riunione, seguire le istruzioni dell’equipaggio e indossare i giubbotti salvagente.

La Capitaneria di Livorno ha ricevuto alle 22.38 l’avviso di distress lanciato da Schettino a bordo della Concordia. Pochi minuti prima delle 23, su invito della Capitaneria di Porto di Livorno, l’ex comandante ha annunciato l’abbandono generale della nave. Sono iniziate quindi le operazioni per portare a terra i passeggeri, ormai nel panico per la mancanza di scialuppe.

Alle 00.32, Schettino, che era rimasto in contatto con la Sala operativa di Livorno, ha comunicato di trovarsi su una lancia di dritta sulla quale era salito a causa dell’accentuato sbandamento della nave. A De Falco ha riferito di credere che tutti fossero in salvo. Il capitano di fregata ha intimato a quel punto a Schettino di tornare sul relitto, ormai coricato su un fianco.

L’ex comandante ha quindi risposto di star coordinando le operazioni dalla lancia di salvataggio. Alle 00.42 la Costa Concordia era ormai abbattuta sul lato di dritta e De Falco, constatata la mancanza di coordinamento sulla nave, ha disposto l’invio di aerosoccorritori.
I soccorsi al Giglio

I passeggeri, allarmati dall’impatto e dal conseguente blackout si erano radunati ai muster station già molto prima della comunicazione del comandante Schettino. Alle 21.54, ben prima del naufragio, era stato annunciato un problema ai generatori elettrici, causa del blackout. I passeggeri non sono stati quindi avvisati della falla e dell’allagamento. Alle 22.20 le persone a bordo sono state invitate a tornare nelle loro cabine. Il personale ha infatti riferito che il problema all’impianto elettrico era stato risolto e che quindi tutto era tornato alla normalità. In realtà era solo stato attivato il generatore di emergenza. Il comandante Schettino, avrebbe dovuto coordinare le operazioni di salvataggio sebbene la situazione stesse già precipitando. Le persone a bordo, infatti, hanno iniziato ad agitarsi quando la nave ha cominciato ad assestarsi sulla dritta. Tutti hanno cercato di raggiungere le scialuppe di salvataggio, aggredendo anche il personale. Alle 23 l’ex comandante ha annunciato l’abbandono generale della nave per poi lasciare l’imbarcazione intorno alla mezzanotte. Nel frattempo, però, non tutti i civili erano riusciti ad evacuare. Alle 00.59, quando Schettino era ormai già lontano dalla nave, uno dei tre elicotteri inviati in soccorso da De Falco ha calato il primo aerosoccorritore sulla Costa Concordia e si è allontanato per fare rifornimento a Grosseto. L’aerosoccorritore è riuscito a portare in salvo un centinaio di persone. Nel frattempo un altro elicottero inviato dalla Capitaneria di Porto era appena decollato da Poggio Renatico e sul posto erano sopraggiunte tre vedette della Guardia di Finanza. All’1.35 è stato comunicato che sul lato di sinistra della nave vi erano ancora 400 passeggeri che alcuni membri dell’equipaggio stavano aiutando ad uscire.

All’1:46 il comandante De Falco, dalla Sala Operativa di Livorno, ha nuovamente chiamato Schettino per ordinargli di tornare a bordo e coordinare lo sbarco dei passeggeri. Ancora 200 persone erano sulla nave alle 2.30 del mattino e lo stesso aerosoccorritore aveva avuto difficoltà nelle operazioni di recupero. Alle 4 del mattino a bordo c’erano ancora 50 persone. Le operazioni sono state ultimate intorno alle 5 del mattino. Sono morte nel disastro 32 persone, altri 3190 passeggeri e 1007 membri dell’equipaggio sono stati portati in salvo.
Il recupero della nave

I lavori per il recupero del relitto sono andati avanti per un milione di ore e hanno richiesto l’impegno di 350 addetti con il contributo di 78 aziende. Recuperato il 90% dei materiali, pari a oltre 50mila tonnellate. Altre 8mila sono state smaltite come rifiuti. Le operazioni di smaltimento si sono concluse il 7 luglio del 2017 con l’aiuto di Genova Industrie Navali, gruppo specializzato in riparazioni, manutenzione e trasformazione delle navi. Lo smaltimento è avvenuto a Genova come annunciato dal Consiglio dei ministri il 30 giugno del 2014. L’inizio della procedura è avvenuto il 14 luglio 2014 dopo le operazioni di rigalleggiamento del relitto. Il timore era quello di un ulteriore disastro ambientale: nei serbatoi della nave erano infatti state stivate 2400 tonnellate di olio combustibile. Pertanto si era organizzato lo svuotamento dei serbatoi. L’operazione è iniziata il 24 gennaio del 2012 e ultimata con successo il 24 marzo 2012. Nel processo ci sono state diverse interruzioni causate da condizioni meteo avverse.
Il risarcimento a un naufrago della Costa Concordia

La Costa Crociere dovrà risarcire con circa 92.700 euro un naufrago della Costa Concordia. La decisione del Tribunale di Genova, che ha riconosciuto il danno patrimoniale e non patrimoniale subito da Ernesto Carusotti, risale a qualche settimana fa. Con una clamorosa sentenza la Sezione I Civile del Tribunale di Genova (giudice Paolo Gibelli) ha accolto in pieno le tesi del Codacons, che difendeva il naufrago, riconoscendo le responsabilità di Costa Crociere e il danno da stress post-traumatico subito dal naufrago a causa dell’incidente.

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