Muore di Aids, nudo nella bara
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fonte:
- la Repubblica
avevano paura del contagio
Como, la salma è rimasta per tre giorni in un sacco all`obitorio
IL CASO
COMO – Neanche la pietà per Luca. Non ha avuto nemmeno quella alla fine di una vita bruciata in fretta prima dalla droga e poi dall`Aids. Quando è morto strappandosi tubicini e cateteri, e aveva solo trentacinque anni, alle sei di mattina all`ospedale S. Anna, e se n`è accorta la donna delle pulizie, neanche un medico, non ha trovato nessuno che gli mettesse addosso uno straccio di vestito per l`ultimo viaggio. Per paura di prendere il contagio l`hanno lasciato nudo per tre giorni, chiuso dentro un sacco, in una bara all`obitorio. E non hanno permesso neanche ai parenti di rivestirlo.
«E` il regolamento. Ci siamo limitati ad applicare una norma che vieta di toccare il corpo del defunto in caso di morte per malattie infettive, allo scopo di evitare qualsiasi rischio spiega il direttore generale dell`ospedale Roberto Antinozzi un principio che vale sia per il personale ospedaliero che per le imprese di pompe funebri, e a maggior ragione per i familiari». «Assurdo protesta il presidente della Lila di Como, Bruno Vegro è stupido pensare che vi possa essere il rischio di un contagio nel vestire un paziente morto di Aids. Una volta che il sangue si è coagulato non c`è più alcun rischio. Il virus smette di essere vitale nell`arco di mezz`ora. Qui non è stata rispettata nemmeno la dignità della persona». Il Codacons ha annunciato una denuncia per i dirigenti dell`ospedale.
A raccontare il fatto è stata Barbara Brunelli, una giovane ausiliaria che lavora all`ospedale, e che l`altro pomeriggio durante i funerali di Luca M., celebrati nella chiesa del cimitero monumentale, è salita sul pulpito, subito dopo l`omelia, e ha detto: «Lo hanno lasciato come Gesù Cristo, avvolto in un sudario. Per l`ignoranza di qualche persona non hanno avuto il coraggio di toccare un sieropositivo. Sono profondamente indignata». Luca era stato ricoverato al reparto di malattie infettive del S. Anna mercoledì della scorsa settimana, muore venerdì mattina, con lui non c`è nessuno. Lo trova esanime la signora delle pulizie. Vengono avvertiti i familiari. Quando arrivano, chiedono di poter rivestire la salma, hanno portato un abito. Ma una dottoressa oppone loro il primo rifiuto: «I deceduti non possono essere vestiti in reparto». La salma, senza indumenti, viene portata nella camera mortuaria. Qui i parenti tornano alla carica, con la stessa richiesta, ma ricevono un altro rifiuto dagli addetti all`obitorio. La motivazione stavolta è diversa: «Non si può più, il corpo è troppo rigido». «Ma se pesa solo trenta chili!» protestano i familiari. Niente da fare. Il corpo nudo e piagato di Luca viene infilato in un sacco di materiale biodegradabile che viene ermeticamente chiuso. E resterà lì per tre giorni, deposto in una bara coperta solo da un lenzuolo, fino ai funerali. Fino alla denuncia della giovane ausiliaria. Fino ad essere sepolto nudo, come un appestato, senza dignità.
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