Mps, uno scandalo da due lire
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fonte:
- Il Foglio
Roma. Il Palio di Siena diverte i senesi, più ancora che per le poderose nerbate o le curve strette e in discesa, per le lunghe trattative tra fantini che precedono il via. Promesse di reciproca corruzione fatte ad alta voce (e che, seppur onorate, non garantiscono la vittoria in una gara sempre rocambolesca), udibili soltanto dai balconi e non dallo schermo televisivo. Idem per Monte dei Paschi: nessuna minimizzazione, certo, ma l’ affaire Mps, visto da oltre confine e sotto l’ aspetto meramente economico -finanziario, esce depurato da un eccesso di enfasi molto italiana. Ieri il titolo dell’ istituto di credito senese ha chiuso poco sopra la parità (0,2 per cento), dopo una giornata in cui aveva guadagnato anche il 7 per cento, rimarginando in parte le perdite dei giorni scorsi dovute all’ emergere dello scandalo dei derivati. La Banca d’ Italia nel frattempo ha autorizzato l’ emissione di obbligazioni che saranno sottoscritte dal Tesoro (i Monti Bond) per 3,9 miliardi di euro. Il titolo, comunque, ha annullato i guadagni messi a segno in mattinata: conseguenza forse del fatto che il Codacons ha proposto ricorso al Tar per bloccare l’ emissione dei Monti Bond, e ha detto che chiederà un risarcimento alla Banca d’ Italia per omessa vigilanza. Anche sulla stampa nazionale le bordate non sono mancate: il Corriere della Sera presentava ampi retroscena sulle presunte manipolazioni del prezzo di vendita di Antonveneta tra Montepaschi e Santander. E la questione senese del resto era protagonista ieri di tutte le prime pagine della stampa italiana. Il Wall Street Journal, dopo essersi occupato della vicenda nel fine settimana, ieri invece già non ne parlava più. Il Financial Times, in un editoriale, metteva in luce l’ esigenza di una riforma del sistema bancario italiano e di quello delle Fondazioni, “istituzioni bizantine che costringono i manager ad anteporre gli interessi dei loro patron politici a discapito dell’ efficienza”. L’ International Herald Tribune dedicava un commento al “rischio politico” connesso allo scandalo. D’ altronde, al netto dei risvolti politici e giudiziari, anche il mondo degli addetti ai lavori sembra più tranquillo di quanto si pensi. “Intanto andrebbe chiarito di che tipo di derivati si tratta”, spiega al Foglio Andrea Paltrinieri, docente di Economia degli intermediari finanziari all’ Università di Udine. Secondo l’ economista, “per adesso non si può ragionare che di ipotesi, perché dei famigerati Alexandria, Santorini e Nota Italia, i tre derivati sotto inchiesta, non si conosce la natura”. “Sembrerebbero più una sorta di ristrutturazione del debito, con spostamento in avanti dei rimborsi”, dice Paltrinieri, “un po’ come quei derivati che ultimamente sono stati acquistati da diversi comuni italiani”, piuttosto che un credit default swap, o cds, la forma di derivato più utilizzata, che funge da “sorta di polizza assicurativa sul rischio”. Paltrinieri sottolinea come il computo complessivo delle perdite legate ai tre “notes” in questione non sia di per sé esorbitante. “Se le cifre di cui si parla, cioè intorno a 1-2 miliardi di euro, fossero confermate, non vi sarebbero grandi rischi”, dice. “Certo si troverà traccia nei prossimi conti trimestrali, ma comunque cifre non in grado di mettere in crisi la gestione bancaria dell’ istituto né a livello di requisiti patrimoniali né di equilibri gestionali”. Secondo l’ economista, anche il tonfo del titolo è dovuto più al “rischio reputazionale” che la banca ha corso che a un’ ipotesi estrema di fallimento. Un effetto di breve periodo, perché “è chiaro che il nuovo management sta realizzando un’ opera di profonda pulizia e quindi i ribassi dovrebbero essere terminati”. Di rischio reputazionale parlano anche gli analisti di Cheuvreux che ieri hanno confermato il rating “sell” (cioè il suggerimento di vendere) sul titolo Mps, spiegando che “il problema più importante è il danno reputazionale più che la perdita di capitale”. Un altro analista di Cheuvreux spiega al Foglio che cos’ è il cosiddetto Fresh, il prestito garantito da Jp Morgan che avrebbe aiutato Siena ad acquistare Antonveneta. Tecnicamente si parla di Floating Rate Equity-linked Subordinated Hybrid Preferred Securities, appunto, Fresh. Mps per coprire un miliardo degli oltre 10 che deve pagare per Antonveneta fa un aumento di capitale riservato a Jp Morgan. La banca americana per pagare le azioni ricevute emette titoli convertibili in azioni Mps. Il rendimento che Jp Morgan dà a chi compra questi titoli convertibili, è il canone che riceve dalla stessa Mps. “Un sistema – dice l’ analista – che al di là dell’ apparenza complicata, e fatti salvi naturalmente i profili penali o di mala gestione della vicenda, non è di per sé pericoloso. E’ un’ operazione che viene messa in atto in normali gestioni, da molte banche. Ma in sé non è un male”, conclude l’ analista. Senza dimenticare che lo stesso governatore della Banca d’ Italia, Ignazio Visco, parlando a Davos, ha rassicurato: il sostegno statale all’ istituto di credito era previsto da tempo, “Mps non ha problemi di stabilità”, figurarsi le altre banche italiane. Per il romanzo politico e giudiziario, invece, ci sono pagine di giornali in lingua italiana da riempire.
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