13 Gennaio 2010

Morte sindaco Roccaraso: il gup: “vicenda oscura e viziata”

ABRUZZO. Una vicenda oscura, mai dimenticata con un epilogo tragico. La morte in carcere del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini.
L’ex sindaco era finito in carcere in seguito ad un ordine di custodia cautelare spiccato dalla procura di Sulmona che lo voleva indagato per reati molto gravi.
Oggi il tribunale di Campobasso, nell’ambito di un procedimento per diffamazione, ha emesso una sentenza che nelle motivazioni riporta informazioni molto delicate e che faranno discutere.
Per accertare la veredicità di quanto affermato negli anni scorsi in maniera molto critica dal Codacons il giudice ha dovuto infatti verificare la realtà dei fatti e dunque entrare nell’inchiesta principale, che è quella che portò in carcere l’ex primo cittadino.
I presidenti del Codacons Carlo Rienzi e Giuseppe Ursini – accusati dalla Procura di Campobasso di aver diffamato e calunniato i giudici Giovanni Melogli, Maria Teresa Leacche, Aura Scarsella e Luigi D’Orazio, nonchè Michele Ramundo, Elena Celidonio e l’Ispettore dello Sco dell’Aquila Massimiliano Mancini – sono stati prosciolti dal Gup di Campobasso, Libera Maria Rosaria Rinaldi.

«ASSOLUTA INCONSISTENZA DELLE INDAGINI»

Nell’accertare l’assoluta inconsistenza dell’indagine che portò Valentini in carcere il Gup tra l’altro scrive: «Le genesi della vicenda è viziata. Desta stupore l’originaria ipotesi accusatoria formulata nei confronti di un ingegnere, sindaco di un tranquillo paesino dall’Abruzzo proveniente da ambienti estranei ad organizzazioni criminali, iscritto nel registro degli indagati per associazione di stampo mafioso od addirittura di narcotraffico (come si legge in un decreto autorizzatorio di intercettazioni in atti), sottoposto ad intercettazioni ambientali e telefoniche per anni sulla base di una ipotesi investigativa inconsistente, iniziata sulla base della solita fonte degna di fede e di provata attendibilità, associazione contestata in concorso con l’anziano padre Ettore, con l’avvocato Michele Lioi, amico e difensore di Camillo Valentini, e, persino, con il geologo Floriano Villa, presidente dell’associazione a tutela del patrimonio artistico, storico ed archeologo del nostro paese denominata Italia Nostra, forse confusa dai solerti investigatori dello Sco dell’Aquila con l’associazione di annientamento del territorio denominata Cosa Nostra».
Inoltre, dopo essere stato formalmente arrestato, «Valentini chiedeva di tornare nella sua abitazione e si cambiava le scarpe sostituendo i mocassini con le scarpe da ginnastica con lacci, gli stessi lacci che utilizzerà all’alba del 16 agosto per chiudere la busta di plastica intorno al suo collo».
Il Gup Rinaldi, stigmatizza anche le carenze dei magistrati sulmonesi.
«L’omesso interrogatorio dell’indagato da parte del pm, l’autosospensione dalla carica di sindaco del Valentini non valutata ai fini dell’esigenze cautelari dal Gip, la circostanza che nei capi di imputazione non fossero delineate le minacce dirette od indirette a Tironesi, le lacune e le omissioni dell’ordinanza cautelare, argomentazioni da altri sostenute in tempi anteriori con indicazioni di circostanze precise e dettagliate, ripetute in seguito dagli odierni imputati, e denunciate dalla famiglia Valentini convinti che il pm Leacche avrebbe dovuto astenersi dal procedimento riguardante Camillo Valentini, atteso che alcuni suoi congiunti erano stati danneggiati dall’inagibilità del complesso condominiale Paradiso Aremogna, dichiarata dal sindaco di Roccaraso».
Il gup, inoltre, elogia la buona fede degli imputati Rienzi e Ursini – assolti con formula piena dalle accuse di diffamazione e calunnia mosse nei confronti dei magistrati sulmonesi e dell’Ispettore Mancini – protesi «a sostenere l’innocenza di Camillo Valentini, ingiustamente perseguitato, che, dopo ore trascorse senza dormire, da solo, in un carcere di massima sicurezza, all’alba del 16 agosto 2004 infilava la testa in una busta di plastica chiudendola con i lacci delle scarpe da ginnastica, lasciando dietro di sè il dolore dei figli, dei genitori, del fratello, degli amici ed i dubbi ancora irrisolti sugli eventi che lo determinarono al compimento del gesto estremo».
L’Ispettore Massimiliano Mancini» sarà processato davanti al Tribunale di Campobasso il prossimo 10 febbraio per abuso continuato ed aggravato d’ufficio in relazione proprio alle indagini allora svolte.
«Con questa decisione», affermano in una nota Rienzi e Ursini «si è aperto finalmente uno spiraglio sulla misteriosa e tragica morte in carcere del sindaco di Roccaraso, Camillo Valentini. Gli stralci della sentenza gettano una luce oscura su tutta la vicenda e sulle pesanti responsabilità degli organi pubblici che svolsero le indagini».
L’associazione degli Utenti e consumatori ha inoltre chiesto al Ministro dell’Interno di sospendere immediatamente dal servizio i tre ispettori di Polizia che svolsero le indagini sul Valentini e al Csm di aprire una indagine disciplinare nei confronti dei magistrati sulmonesi che disposero la carcerazione dell’ex sindaco di Roccaraso.

«INTERCETTAZIONI TROPPO LUNGHE»

Tra le perplessità contro le quali punta il dito il Codacons c’è la durata delle intercettazioni ambientali tra le quali vi sono anche quelle con il difensore Michele Lioi.
«Suscita sospetto la delega personale a Mancini effettuata dal dirigente dello Sco dell’Aquila quasi fosse l’unico depositario della verità su Roccaraso», continua il Codacons, «appare poco credibile che Mancini solo dall’ascolto di una intercettazione si accorga che la madre Bucci Onelia ha una situazione conflittuale con Valentini poichè morosa nel pagamento del canone di locazione di un immobile, appare assai poco verosimile una associazione di stampo mafioso posta in essere da avvocati, ingegneri, geologi, senza armi e senza la commissione degli efferati reati fine che connotano tale tipo di associazione, posta in essere in una tranquilla località di montagna in un territorio notoriamente estraneo a dinamiche delinquenziali serie».
L’indagine per associazione di stampo mafioso doveva essere immediatamente bloccata al suo nascere –ribadisce l’associazione dei consumatori- e gli investigatori avevano gli strumenti per determinarsi in tal senso, «la loro perseveranza irragionevole (non deve ritenersi che un ispettore di Polizia possa aver fatto tutto da solo) ha ingenerato il ragionevole dubbio negli odierni imputati che esclude il dolo».
Secondo il Codacons quel che risulta ancor più inquietante è la puntigliosa ricostruzione che il giudice Libera Maria Rosaria Rinaldi fa delle modalità dell’arresto di Valentini.
Si legge infatti nella sentenza: «Appaiono suggestive le modalità dell’arresto di Camillo Valentini la notte del 14.8.2004, effettuato da Massimiliano Mancini che pur essendo in servizio allo Sco dell’Aquila, procedeva personalmente, pur essendo l’arresto avvenuto in Francavilla, località ricompresa nel circondario del Tribunale di Chieti e per ordinanza emessa dal Gip di Sulmona con ordine di esecuzione trasmesso alla Procura di Sulmona che, certamente disponeva di forze dell’ordine sul territorio».

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