14 Giugno 2015

Morta durante fecondazione assistita Asl: alterazioni cardiocircolator

Morta durante fecondazione assistita Asl: alterazioni cardiocircolator

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BARI – «Alterazione cardiocircolatoria importante la cui eziologia potrà essere chiarita soltanto dall’ indagine autoptica». Questo il referto della commissione nominata dalla Asl per accertare le cause del decesso di una donna di 38 anni, Arianna Acrivoulis, di Bitritto (Bari) morta durante una procedura di inseminazione artificiale nel centro di procreazione medicalmente assistita gestito dalla Asl nel plesso ospedaliero di Conversano “Iaia”. Dopo la denuncia della famiglia, infatti, sono partite tre indagini parallele: quella penale della Procura di Bari, quella amministrativa della Asl e quella del Ministero della Salute. L’ inchiesta della magistratura barese, coordinata dal pm Luciana Silvestris, dovrà accertare le cause della morte ed individuare eventuali responsabilità. Al momento sono due i medici iscritti nel registro degli indagati con l’ accusa di omicidio colposo, il direttore del Centro di Fecondazione di Assistita di Conversano, Giuseppe D’ Amato e il primario di Anestesiologia, Cosimo Orlando. Lunedì il pm affiderà al medico legale Franco Introna e all’ anestesista Francesco Bruno l’ incarico per l’ autopsia, che sarà effettuata nell’ istituto di medicina legale del Policlinico di Bari. Una prima ipotesi sulle cause del decesso, che dovrà essere confermata dall’ autopsia, è quella di una reazione allergica immediatamente successiva all’ intervento, probabilmente causata dall’ anestesia. A quanto si è saputo sulla paziente erano stati effettuati tutti gli accertamenti clinici propedeutici all’ intervento e dalla cartella clinica non risultavano allergie dichiarate. La commissione d’ indagine interna nominata dal direttore generale della Asl di Bari, Vito Montanaro, composta dal medico legale dell’ azienda, Vincenzo De Filippis, il direttore del Dipartimento di Cardiologia dell’ ospedale ‘San Paolò di Bari Pasquale Caldarola e il direttore della Rianimazione dell’ IRCCS di Castellana Grotte, Francesco Gabriele, ha concluso escludendo – da un esame dei dati anatomo-isologici – un eventuale errore nella procedure di Pma. «Ringrazio la commissione di indagine interna composta dal Dirigente Responsabile della Medicina Legale dell’ Azienda, dal Direttore del Dipartimento di Cardiologia della ASL di Bari e dal Direttore della Anestesia e Rianimazione dell’ IRCCS di Castellana Grotte per la prontezza con cui ha operato – sottolinea il dott. Montanaro -. Colgo anche l’ occasione per ribadire la volontà della ASL Bari di collaborare con le autorità competenti. Abbiamo come missione la tutela della salute dei cittadini e faremo di tutto per continuare ad erogare prestazioni in linea con le attese e le aspettative delle comunità di cui siamo al servizio». E’ ovvio che a dirimere i dubbi sarà l’ autopsia . Gli ispettori del Ministero della Salute arriveranno invece in Puglia la prossima settimana. Anche la task force, di cui fanno parte anche i Carabinieri del Nas e due medici baresi – il medico legale Alessandro Dell’ Erba e l’ anestesista Tommaso Fiore, ex assessore alla Sanità della Regione Puglia – acquisirà la documentazione sanitaria e si concentrerà sull’ accertamento delle procedure seguite prima e durante l’ intervento chirurgico. Al termine dell’ ispezione sarà depositata una relazione al ministro Lorenzin e all’ Unità di crisi permanente costituita al Ministero. La struttura di Conversano, che non dispone di un reparto di Rianimazione, ha richiesto l’ intervento di cardiologo e anestesista ma ormai era troppo tardi. La sorella della vittima, in una intervista, ha detto che i medici sarebbero stati costretti a chiamare il 118 avrebbero adombrato una reazione allergica. La morte della donna è avvenuta in pochi minuti, mentre il marito attendeva fuori dalla sala ignaro di quanto stesse accadendo: poi la comunicazione dell’ accaduto. La notizia, nell’ immediatezza del fatto, ha seminato panico tra le altre pazienti in attesa di essere sottoposte alla procedure che si sono allontanate. La direzione generale della Asl ha avviato una indagine interna e i Carabinieri hanno già acquisito la cartella clinica. Il centro Pma» (procreazione medicalmente assistita) da circa tre anni trasferito a Conversano, un tempo era operativo a Carbonara, al Di Venere: in quel caso si trattava di un centro di primo e secondo livello che inizialmente fu chiuso per essere sottoposto a lavori di ristrutturazioni unitamente al reparto di Ostetricia. Nonostante un progetto (pagato circa 60mila euro dalla Asl) i lavori non iniziarono mai: poi si decise di affidare il centro fivet ai privati (con un project financing di 9 milioni di euro) ma alla fine l’ Asl decise di riappropriarsi del centro e lo finanziò con risorse regionali. La prima Fivet, infatti, meglio nota come fecondazione in vitro, fu eseguita nell’ ospedale Di Venere di Carbonara nel dicembre 2002. Nei 6 anni di attività del centro di procreazione medicalmente assistita barese 160 bambini sono venuti alla luce ma centinaia sono state le coppie curate e sottoposte a trattamenti contro l’ infertilità.«Il centro funzionava bene ed era luogo d’ eccellenza» dice chi lì ha lavorato per anni. La struttura fu chiusa nel 2008, inizialmente per lavori di ristrutturazione. L’ investimento previsto era di 60mila euro. Nella pianificazione sanitaria territoriale, però, qualcosa cambiò nel giro di qualche mese e il centro fu trasferito, al costo di alcuni milioni di euro, nell’ ospedale di Conversano, inaugurato ormai tre anni fa e diretto del professor Giuseppe D’ Amato. Quando la struttura di Carbonara venne chiusa e si iniziò a parlare del trasferimento del centro a Conversano, cominciarono anche polemiche. Ci fu, all’ epoca, anche un’ interrogazione in Consiglio regionale da parte dell’ opposizione relativa «all’ attivazione a costi verosimilmente esorbitanti per le casse della Asl di un nuovo servizio di Pma (Procreazione medicalmente assistita) in un nosocomio periferico come quello di Conversano privo delle strutture complesse di appoggio necessarie per tale attività» non in grado di «garantire alle coppie infertili trattamenti di Pma efficaci e sicure». «Quello del Di Venere era un centro all’ avanguardia in Italia – dice ancora il medico barese – ma poi si è bloccato tutto ed è stato trasferito». Le procedure per attivarlo furono avviate nel 2000 dall’ equipe del professor Filippo Maria Boscia. L’ obiettivo, perfettamente raggiunto in pochi anni, era quello di attivare un centro di procreazione medicalmente assistita di I e II livello: cioè due dei tre livelli per la cura dell’ infertilità. Dal 2009, però, con la struttura barese ormai chiusa da un anno, del centro viene definitivamente deciso il trasferimento nell’ ospedale Jaia di Conversano. Il centro di fecondazione in vitro è diretto dal prof. Giuseppe D’ Amato, professore associato all’ Università di Tirana e, come affermato recentemente dallo stesso, offre prestazioni in Day Service e si espande su 2.400 mq attrezzati (3 laboratori, 1 criobanca, 1 sala operatoria che saranno presto raddoppiati). Possibile applicare le varie tecnologie, congelare e conservare embrioni, spermatozoi e corticali ovariche. Metodiche capaci di ridurre il ricorso alla contestata eterologa e di aiutare ogni coppia in difficoltà. «Ne abbiamo 1.300 in lista d’ attesa – precisava D’ Amato in una recente manifestazione – mentre i risultati raggiunti nello scorso anno sono competitivi con quelli internazionali: 30% di successo; 27,2% di intrauterina (media italiana sotto 10%). Da rilevare anche la possibilità di prelevare e conservare corticali ovariche di giovanissime colpite da cancro (1.400 nuovi casi/anno)». Sulla vicenda, il presidente del Codacons, Carlo Rienzi precisa che si tratta di “un grave episodio per il quale la magistratura dovrà fare chiarezza, accertando cause e responsabilità dell’ episodio. Vogliamo sapere – aggiunge – se si è trattato dell’ ennesimo caso di malasanità italiana e vi siano stati errori od omissioni che hanno contribuito a determinare il decesso. In tal caso, i responsabili andranno puniti severamente, e dovranno essere presi provvedimenti nei confronti degli enti responsabili della sanità in regione”.

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