23 Maggio 2018

Morì per un cancro provocato dal fumo: “Non ha diritto ad alcun risarcimento”

 

Il fumo fa male. E può provocare il cancro. “È un fatto notorio, dagli anni ’70”. Da tempo sta anche scritto sulle confezioni del tabacco lavorato, ora coperte pure da foto strong. Le sigarette danno assuefazione, ma non annullano la volontà. La decisione di fumare è libera e consapevole. Si può scegliere se continuare oppure darci un taglio. Con queste motivazioni, benzina sul fuoco della discussione, la Terza sezione civile della Cassazione ha respinto la richiesta di risarcimento presentata nel 2002 da un tabagista romano aggredito da un tumore al polmone sinistro e portata avanti da moglie e figli, dopo la sua morte.
Le accuse, la difesa, il verdetto

Il padre di famiglia consumava due pacchetti al giorno. Spiegò di essere riuscito a smettere di fumare non dopo i primi sintomi della malattia, ma solo quando gli medico gli illustrò le conseguenze nefaste delle “bionde”. Accusò il produttore della marca da lui acquistata di aver “subdolamente studiato e inserito nel prodotto sostanze in grado di generare uno stato di bisogno imperioso con dipendenza psichica e fisica”, e pur a conoscenza della pericolosità del fumo, di non aveva informato in modo adeguato i consumatori”. Il verdetto è andato in senso contrario. La multinazionale all’indice, il Monopolio di Stato e il ministero dalla Salute – le controparti del malato e dei familiari – secondo i supremi giudici non hanno la responsabilità del vizio dell’uomo e delle conseguenze, per lui irrimediabili, del fumo. Non devono ripagare alcun danno. Anzi. Recupereranno il denaro sborsato per la causa.
Per i familiari anche la mazzata delle spese da pagare

Gli eredi del defunto fumatore, usciti perdenti dalla lunga battaglia legale, sono stati condannati a sobbarcarsi tutte le spese processuali, oltre 18mila euro. I supremi giudici hanno fatto proprie le motivazioni dei colleghi dei precedenti gradi di giudizio. A detta della Corte d’appello, in particolare, “la circostanza che il fumo faccia male alla salute è un fatto socialmente notorio, anche se per ragioni culturali, sociali o di costume il vizio del fumo era più accettato” quando il ricorrente si ammalò.
Dagli Usa all’Italia: casi letterari e reali

Duro il commento degli esperti del sito laleaggepertutti.it. “In Italia siamo ben lontani dal vedere condannare le compagnie che producono sigarette e sui cui lauti guadagni, peraltro, anche lo Stato nutre un interesse economico, grazie alle entrate derivanti da imposte e accise. Una fabbrica della morte, legalizzata anche dai giudici. A parere dei nostri magistrati è normale morire di cancro ai polmoni per colpa del fumo ed è illegittimo chiedere il risarcimento a chi ne è causa. Non conta poi che, dall’altro lato, lo Stato vieti tanti prodotti nocivi alla salute (droghe comprese) o magari provi a impedire a un malato terminale di togliersi la vita per non soffrire. E così, a chi si chiede se il danno da fumo si può risarcire e magari arriva fino alla Suprema Corte per avere un po’ di giustizia, ad oggi viene sbattuta la porta in faccia. L’Italia è ferma in una posizione anacronistica, mentre il resto del mondo sta cambiando posizione”.
Il parere e le richieste dei medici

Il Codacons rilancia in rete un articolo che parla di “sentenza choc”. E sul tema dice la sua anche Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri: “Che rapporto c’è, nelle scelte di salute, fra educazione sanitaria individuale e responsabilità istituzionale? Non vi è dubbio – sostiene il rappresentante dei camici bianchi – che la responsabilità sia del cittadino. Tuttavia gli effetti sulla società e sul sistema salute ci sono. Dunque non si può immaginare, al di là delle responsabilità individuali, un disinteresse dello Stato: occorre promuovere campagne di educazione sanitaria nelle scuole e campagne di prevenzione mirate destinate ai fumatori”. E, ancora: “Bisogna smontare il concetto che sulla salute il cittadino possa scegliere da solo, come in un supermarket. A mettere il cittadino nelle condizioni di decidere in modo consapevole sono i medici. Occorre il loro coinvolgimento, sostenuto da un battage informativo”.
In rete le opinioni, pro e contro

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