19 Dicembre 2019

Mittal, Confindustria Taranto: «Tutelare indotto». Fim denuncia: «Licenziati addetti post vendita». Operai: «bozza decreto non ci tutela»

 

TARANTO – Le aziende dell’indotto ex Ilva, in una riunione in Confindustria Taranto, hanno espresso «grande preoccupazione» per gli scenari che si stanno delineando e le ripercussioni sulle stesse imprese. Confindustria ha redatto un documento per il Governo, giudicando ‘ovvie’ le «perplessità che rendono fosche le prospettive di tutte le realtà imprenditoriali, grandi e piccole, che lavorando nell’indotto dell’acciaio», ed elencando misure, riguardanti anche l’indotto, per una «corretta rinegoziazione del piano industriale». Secondo Confindustria, «il rischio che si palesi, nel medio-breve periodo, una situazione analoga a quella di quattro/cinque anni fa c’è tutto». Il riferimento è al passaggio fra l’Ilva di Riva e Ilva As, a cavallo tra 2014 e 2015, quando l’indotto si ritrovò con circa 150 milioni di crediti a tutt’oggi non corrisposti e «confluiti nello stato passivo». Le aziende stanno continuando a portare avanti «tutte le commesse», spiega inoltre una nota, nonostante la «situazione di estrema incertezza, manifestatasi già nelle scorse settimane con i ritardi sui pagamenti loro dovuti.

Ritardi ai quali, come è noto, è stato posto un argine dai referenti di ArcelorMittal Italia solo a seguito del presidio permanente messo in atto dalle stesse aziende» davanti alle portinerie dello stabilimento siderurgico di Taranto. In assenza di garanzie certe «sulla continuità dei crediti loro dovuti, le imprese dell’indotto – sottolinea il presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro – potrebbero orientarsi verso un generale disimpegno dai rapporti contrattuali in essere. E’ una condizione estrema ma il rischio di incorrere in un’altra situazione analoga a quella del 2015 porterebbe per molte di loro alla chiusura, anche alla luce delle difficoltà, già in atto, che le stesse affrontano in ordine all’accesso al credito». Da qui l’ulteriore appello al Governo, «affinché – conclude Marinaro – coinvolga Confindustria, assieme a tutti gli altri attori territoriali, per poter essere parte attiva delle scelte che saranno adottate».

FIM: L’AZIENDA HA INIZIATO A LICENZIARE – «ArcelorMittal è partita con i tagli del personale del servizio di assistenza post vendita ai clienti dallo stabilimento di Taranto, con un atteggiamento assolutamente privo di qualsiasi remora». Lo denunciano in una nota congiunta le segreterie Fim Cisl Taranto-Brindisi e Genova. Sono «circa venti ragazze e ragazzi», convinti a «cambiare lavoro, accettando il reclutamento proposto dalla multinazionale» e ora, nonostante le «referenze positive», “l’azienda ha iniziato a dar vita ai licenziamenti». La multinazionale, spiegano le segreterie territoriali Fim Cisl Taranto-Brindisi e Genova, “aveva deciso di creare un servizio di assistenza post vendita al cliente e, non avendo trovato all’interno del bacino Ilva in As figure adeguate alla mansione, ha dovuto spostare la sua attenzione verso nuove risorse produttive. Sono stati così selezionati e assunti circa venti ragazze e ragazzi, professionisti esperti del settore che, convinti dalla proposta di assunzione e dalle molte promesse di crescita ricevute dal management di ArcelorMittal, hanno deciso di cambiare lavoro, accettando il reclutamento proposto dalla multinazionale franco indiana». Un passaggio che oggi, osservano le segreterie Fim di Taranto e Genova, «si rivela tutt’altro che favorevole, poiché, nonostante il grande impegno dimostrato in questi mesi, le unanimi referenze positive ricevute e la volontà aziendale di mantenere le attività dell’ufficio, l’azienda ha iniziato a dar vita ai licenziamenti». «Non assisteremo inermi di fronte a di chi si prende gioco di questi lavoratori e delle loro famiglie e pretendiamo che l’azienda faccia immediatamente chiarezza e ritiri i licenziamenti. La Fim Cisl ribadisce ancora – conclude la nota – che non accetterà alcun esubero, questo deve essere chiaro al Governo e ad ArcelorMittal».

«Oggi scopriamo che l’azienda intende proteggersi anche dai suoi dipendenti, blindando con inferriate le finestre della direzione dello stabilimento siderurgico di Taranto che si affacciano all’interno. La struttura in poche settimane assume le sembianze di un carcere o aula bunker di un tribunale, così violando verosimilmente le più elementari norme di sicurezza, poiché priva di adeguate e idonee vie di fuga in caso di emergenza». E’ quanto denuncia Vincenzo La Neve, coordinatore di fabbrica Fim Cisl Taranto-Brindisi. Il sindacalista spiega che «in queste ore sono riprese all’interno dello stabilimento ArcelorMittal le operazioni di montaggio di alcune grate in ferro alle finestre della palazzina direzione. Lavori iniziati qualche settimana fa e che finora avevano riguardato soltanto il perimetro esterno. Avevamo detto che prevenire non guasta, anche se la storia ci dice che mai nessun atto vandalico e furto di rilevante entità è mai stato commesso nei confronti sia dell’immobile sia delle gestioni della fabbrica». Ora le inferriate vengono montate anche nella parte interna. «Si tratta di lavori migliorativi – si chiede La Neve – su un immobile di proprietà di Ilva in Amministrazione straordinaria? Perché tutto questo? Da parte di ArcelorMittal – conclude l’esponente della Fil – ci dobbiamo aspettare dei provvedimenti catastrofici, tali da scatenare una rivolta di massa? Governo, ArcelorMittal, Ilva in As, dateci spiegazioni».

«Oggi scopriamo che l’azienda intende proteggersi anche dai suoi dipendenti, blindando con inferriate le finestre della direzione dello stabilimento siderurgico di Taranto che si affacciano all’interno. La struttura in poche settimane assume le sembianze di un carcere o aula bunker di un tribunale, così violando verosimilmente le più elementari norme di sicurezza, poiché priva di adeguate e idonee vie di fuga in caso di emergenza». E’ quanto denuncia Vincenzo La Neve, coordinatore di fabbrica Fim Cisl Taranto-Brindisi.
Il sindacalista spiega che «in queste ore sono riprese all’interno dello stabilimento ArcelorMittal le operazioni di montaggio di alcune grate in ferro alle finestre della palazzina direzione. Lavori iniziati qualche settimana fa e che finora avevano riguardato soltanto il perimetro esterno. Avevamo detto che prevenire non guasta, anche se la storia ci dice che mai nessun atto vandalico e furto di rilevante entità è mai stato commesso nei confronti sia dell’immobile sia delle gestioni della fabbrica». Ora le inferriate vengono montate anche nella parte interna. «Si tratta di lavori migliorativi – si chiede La Neve – su un immobile di proprietà di Ilva in Amministrazione straordinaria? Perché tutto questo? Da parte di ArcelorMittal – conclude l’esponente della Fil – ci dobbiamo aspettare dei provvedimenti catastrofici, tali da scatenare una rivolta di massa? Governo, ArcelorMittal, Ilva in As, dateci spiegazioni»

LA RABBIA DEGLI OPERAI – Un gruppo di operai dell’Ilva in amministrazione straordinaria, aderendo alla richiesta della Flmu Cub, questa mattina si è riunito in assemblea davanti alla portineria D dello stabilimento siderurgico di Taranto per discutere degli scenari che si prefigurano dopo il nuovo piano industriale presentato da ArcelorMittal e la bozza del Cantiere Taranto che il governo sta approntando. Gli operai esprimono preoccupazione «per l’ulteriore ridimensionamento occupazionale” e per la «mancata salvaguardia ambientale». Hanno così manifestato la volontà «di intraprendere – è detto in una nota – una serie di azioni di lotta serrata finalizzata alla salvaguardia della salute e del salario dei lavoratori». Le iniziative da mettere in campo nei prossimi giorni, viene precisato, saranno «senza bandiere sindacali e partitiche». Sono 1600 i lavoratori rimasti in capo all’Ilva in As in regime di cassa integrazione straordinaria. Altri mille esuberi hanno accettato l’incentivo all’esodo. L’accordo sindacale del 6 settembre 2018 prevede il loro rientro in ArcelorMittal alla fine del piano industriale, quindi entro il 2023. Ma in base al nuovo piano della multinazionale sarebbero tagliati fuori in aggiunto ad altri 3500 esuberi

CODACONS: MITTAL TRATTA ILVA COME CHIOSCO – ArcelorMittal sottovaluta «il fatto che non si tratta di chiudere ‘un chiosco di mandarinì ma la prima azienda siderurgica europea per volume di produzione e grandezza». Lo scrivono gli avvocati Carlo Rienzi, Marco Donzelli e Marco Colombo, legali del Codacons, nelle «note di replica» in vista dell’udienza di domani, che dovrebbe essere rinviata a metà gennaio, della causa civile in corso tra il gruppo franco indiano e i commissari dell’ex Ilva.
In una memoria di otto pagine l’associazione dei consumatori chiede al giudice Claudio Marangoni di accogliere le conclusioni del ricorso cautelare d’urgenza, presentato dai legali dei commissari straordinari, contro l’addio di Mittal, che ha esercitato il recesso dal contratto di affitto e acquisizione degli stabilimenti.
«Sono più che vere – scrivono gli avvocati del Codacons – le argomentazioni espresse dai ricorrenti sui gravi danni all’economia nazionale che causerebbe lo spegnimento degli impianti e il licenziamento in massa di migliaia di dipendenti». Anche «l’intervento nel presente processo della Procura della Repubblica» sta «a sottolineare quanti e di quale qualità siano gli interessi pubblici coinvolti nella vicenda di cui si discorre».
Nelle note il Codacons, parte nel procedimento, replica, in particolare, alla memoria depositata lunedì da Mittal spiegando, tra le altre cose, che «un’eventuale esistenza di un obbligo contrattuale dello Stato a garantire l’immunità penale dei vertici di AM, violerebbe principi cardini dell’ordinamento giuridico anche costituzionale».

IL COMMENTO DI USB – «È evidente che il Governo sta chiudendo un vergognoso accordo con la multinazionale per consentirle di licenziare migliaia di lavoratori. Ciò significa che i lavoratori in cassa integrazione di Ilva in As, oggi tutelati dall’accordo sindacale che garantisce loro l’assunzione in ArcelorMittal Italia, rimarranno disoccupati». Lo affermano il segretario nazionale dell’Usb Sergio Bellavita e il coordinatore provinciale di Taranto Francesco Rizzo.
«Sta circolando il testo del decreto legge – aggiungono – che il Governo sta approntando a favore della città di Taranto. A favore, almeno così avrebbe dovuto essere. Tuttavia la sola cosa di rilievo che emerge dal testo è che tutte le condizioni di miglior favore sugli ammortizzatori sociali vengono estese ai dipendenti di ArcelorMittal Italia, ovvero a coloro che oggi un lavoro lo hanno».
Secondo i due esponenti dell’Usb, «non c’è traccia dei grandi investimenti tanto pomposamente dichiarati per riconvertire fabbrica e territorio. Lo stabilimento non conoscerà mai un rilancio produttivo che coniughi davvero ambiente, salute e lavoro ed è destinato a morire senza alcun progetto sociale e produttivo alternativo. Usb – concludono – non ci sta e metterà in campo la massima mobilitazione contro l’accordo governo-Arcelormittal. Non permetteremo che ci siano licenziamenti».

RICORSO EX ILVA: CONFERMATA UDIENZA – E’ stata confermata l’udienza di domani al Tribunale di Milano della causa civile sul ricorso cautelare d’urgenza dell’Ilva in Amministrazione straordinaria, contro la procedura di retrocessione dei rami d’azienda di ArcelorMittal. Lo si apprende da fonti Ilva in As, i cui legali ieri avevano chiesto di differire la decisione. Il giudice Claudio Marangoni, presidente della sezione materie d’impresa, oggi ha risposto all’istanza affermando che «si provvederà all’udienza del 20 dicembre 2019, già fissata, sentite tutte le parti». I legali dell’Ilva in amministrazione straordinaria (As) e delle altre aziende interessate (Ilvaform in As, Taranto Energia in As, Ilva Servizi Marittimi in As, Tillet spa in As e Socova in As) ieri avevano chiesto di differire la decisione del procedimento cautelare ed “assegnare termine alle ricorrenti per il deposito di note di replica ed eventuali documenti strumentali alla successiva discussione orale della vertenza».
I commissari di Ilva in As sollecitano un rinvio della trattazione nel merito del ricorso cautelare anche alla luce dell’udienza del 30 dicembre al Tribunale del Riesame di Taranto relativa all’uso dell’Altoforno 2, nuovamente inibito nei giorni scorsi dal giudice tarantino nell’ambito dell’inchiesta sulla morte dell’operaio Morricella nel 2015.

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