21 Agosto 2001

Medici di base sotto tiro: «Fanno troppe ricette»

Medici di base sotto tiro: «Fanno troppe ricette»


Il segretario Falconi: ma sono i pazienti a volerle. Gli informatori scientifici: regali e viaggi dalle aziende

MILANO – Il procuratore Guariniello solleva i dubbi. Il Codacons (il comitato per la difesa dei consumatori) li raccoglie e li fa suoi. Il vespaio si alza. Le domande s?insinuano. Dito puntato sui medici di base. Il Lipobay come pretesto per poi arrivare a dubitare che forse da qualche parte il sistema fa acqua: troppe ricette, troppe medicine, rapporti medico-paziente inesistenti, strani connubi fra aziende farmaceutiche e dottori.


LE ACCUSE – Parte in quarta il professor Emilio De Lipsis, internista, docente all?università di Roma, e consulente medico del Codacons: «Già, perché alla fine la domanda è “chi decide di prescrivere questi medicinali?“. La risposta è ovvia: i medici. Che ormai troppo spesso per qualsiasi malattia rispondono con le ricette, troppe, anche per un semplice raffreddori. D?altronde c?è un dottore ogni 170 abitanti e c?è bisogno di “creare malati“. Per poi non seguire correttamente il paziente. Perché costa lavoro e fatica instaurare un certo tipo di rapporto. Così come costa fatica aggiornarsi, leggere libri, riviste. Le informazioni sui medicinali non possono venire solo dai rappresentanti. Questa è la critica che rivolgiamo a un sistema nazionale sanitario burocratizzato».



IL SINDACATO – Chiamato in causa il segretario generale del sindacato dei medici di base, Mario Falconi, risponde: «Io e la maggior parte dei miei colleghi facciamo il nostro lavoro in totale coscienza. Forse i medici superficiali, poco virtuosi, ci sono, ma mi sento di parlare a nome degli onesti. E poi comunque il paziente è libero di cambiare. Piuttosto sempre più spesso ci troviamo con sale d?attesa piene di persone che vogliono la pillolina per risolvere qualsiasi problema: da quello sessuale al più piccolo raffreddore. Ma non esistono farmaci a rischio zero». Per Falconi qualcosa comunque da cambiare nel sistema c?è.
Se da una parte anche il cittadino va educato a non considerare le medicine caramelle, dall?altra la categoria ha bisogno di un salto di qualità. Ben accolta la proposta del ministro Sirchia di avviare su Internet una sorta di aggiornamento sui farmaci: «Perfetto così anche di fronte ad associazioni di più medicine potremmo avere dei riscontri perché sono veramente tante, troppe, oggi, le variabili. Abbiamo bisogno di sempre più informazioni – aggiunge Falconi -. Ma quel che è importante, in tema di farmacovigilanza, è che finalmente anche noi medici di base veniamo coinvolti. Parlo della famosa fase quattro, recepita prima da Veronesi e poi da Sirchia: cioè il controllo da parte nostra nel momento in cui i farmaci arrivano in commercio. Così come sarebbe giusto che l?informazione sui medicinali non sia fatta solo dalle aziende».



VIAGGI E REGALI – Gli informatori scientifici, altro tassello della struttura. Angelo De Rita, presidente italiano dell?associazione che li riunisce (10 mila iscritti su 20 mila informatori su tutto il territorio italiano), ben accetta la mano tesa per un maggior coinvolgimento ma nello stesso tempo apre il libro nero: «Da anni chiediamo un albo per poter intervenire là dove ci sono delle violazioni deontologiche. Ma moralizzare il sistema non va bene alle aziende». Vale a dire? «Che troppo spesso i medicinali sono considerati bene di consumo e il marketing ha il sopravvento. Così ci sono aziende che non rispettano, per esempio, la legge che obbliga l?assunzione, dal ?93, di informatori laureati in scienze biologiche, farmaceutiche, medicina o in chimica e la raggira assumendo con contratti particolari. Per poi ricattarli e costringerli a “piazzare“ i farmaci, controllandoli con indagini sul territorio che arrivano a dire che in quella farmacia il tal medico ha prescritto tot medicine dopo l?incontro con quell?informatore. Questo è moralmente sbagliato». «Così come – aggiunge De Rita – l?altra grande violazione è in merito al giochino: prescrizione uguale viaggio o regalo costoso. Con un albo potremmo radiare chi si presta a queste cose e a denunciare le aziende».



IL CODICE – L?avvocato del Codacons Carlo Rienzi, sorride, come dire «è così»: «Abbiamo anche denunciato alcuni casi», sostiene. Sì, ma questi sistemi facevano parte di un?altra Repubblica, quella dei De Lorenzo e dei Poggiolini. «E? vero, e per questo, all?epoca uscimmo fuori con un codice deontologico molto rigoroso e tuttora in vigore – dice Ivan Cavicchi, direttore generale di Farmindustria – che ben distingue la scienza dal turismo. Dunque, per esempio, vieta alle aziende di organizzare congressi in località esclusivamente turistiche. O offrire premi che non siano legati all?attività farmaceutica. Può essere che tutto questo accada ancora, ma in modo marginale. Comunque, ci siamo già seduti a un tavolo tutti quanti per parlare di questo e altro, ancor prima che scoppiasse il caso Lipobay».



LA DISCUSSIONE – Conferma i temi in discussione il presidente dell?Ordine dei medici, Giuseppe Del Barone: «Sarei pazzo se dicessi che certe cose non esistono. Ma non come ai tempi di De Lorenzo. Non facciamo di tutta un?erba un fascio. Non è così, oggi. Certo con Farmindustria e sindacati ne stiamo parlando perché è giunto il momento di studiare le modalità per mettere chiarezza nei rapporti fra medici e aziende, scienza e coscienza». Del Barone si unisce al presidente dei medici di base Falconi nel non colpevolizzare la categoria, sostiene la farmacovigilanza e respinge le accuse del Codacons: «Ho preso per mesi il Lipobay dopo essere stato operato di by-pass. Tuttora assumo un farmaco a base di statine. E continuerò perché sto bene e da sette anni».

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