Le sanzioni pecuniarie toccano i 3,6 milioni di euro, ma la richiesta di confisca del profitto “illecito” arriva a 120 milioni
-
fonte:
- Il Messaggero
ROMA – Le sanzioni pecuniarie toccano i 3,6 milioni di euro, ma la richiesta di confisca del profitto «illecito» arriva a 120 milioni. Con tanto di condanna chiesta per 6 funzionari (quelli che non hanno già chiesto il patteggiamento) e pene comprese tra un anno e un anno e quattro mesi. E’ tutto qui, in questi numeri, l’ affondo della procura di Milano contro le quattro banche estere considerate «complici» di Calisto Tanzi nelle false informazioni al mercato per alterare i prezzi del titolo Parmalat. Deutsche bank, Morgan Stanley. Citigroup e Bank of America, tutte a diverso titolo, sarebbero colpevoli di aver «accompagnato» le false comunicazioni di Parmalat al mercato anche nei mesi a ridosso del crac del gruppo, sostengono i magistrati. Gli stessi che puntano il dito sulle continue emissioni obbligazionarie di Collecchio, quando era già ampiamente «decotto». Per le banche si tratta, dunque, di rispondere della violazione della legge 231 del 2001, quella sulla responsabilità amministrativa degli enti, in relazione al reato di aggiotaggio. Reato per il quale il pm Eugenio Fusco, che ha sostenuto l’ accusa insieme a Carlo Nocerino e al procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, ha chiesto condanne, appunto, che vanno da 1 anno a 1 anno e 4 mesi, Ciascun istituto estero dovrà rispondere, poi, secondo i pm, di una sanzione di 900 mila euro. La confisca del profitto, invece, va dai 5 milioni e 900 mila euro per Morgan Stanley, ai 14 milioni per Deutsche Bank, fino ai 70 milioni per Citigroup, e ai 30 milioni per Bank of America. In tutto 120 milioni. Vale a dire il provento complessivo del reato attribuito alle banche che avrebbero lucrato altrettanti milioni nel corso della gestione Tanzi. Quanto alle condanne, sono state chieste le attenuanti generiche per i manager bancari, incensurati. Si tratta di Carlo Pagliani, Paolo Basso (entrambi di Morgan Stanley), Marco Pracca, Tommaso Zibordi (entrambi di Deutsche Bank) e Paolo Botta (di Citibank). Il reato è estinto, invece, per prescrizione, invece, per Giaime Cardi (Credit Suisse). La tesi della procura è semplice: il gruppo di Collecchio, che apparentemente macinava utili, aveva però una continua esigenza di liquidità. Ed è qui che entrano in campo le banche, pronte ad aiutare Tanzi a piazzare i bond facendosi finanziare dai risparmiatori. Insomma, «Parmalat era un titolo gonfiato. Non valeva niente ma veniva tenuto in vita attraverso una respirazione bocca a bocca con le informazioni false, date al mercato in concorso con le banche», concludeva il procuratore aggiunto Francesco Greco nella sua ultima requisitoria.Ma Citigroup non ci sta. E’ l’ unica a commentare l’ affondo dei pm e «ribadisce la propria convinzione che le accuse prospettate siano totalmente infondate», si legge in un comunicato della banca americana. «Convinta che la discussione dimostrerà la totale estraneità» della banca «ai fatti contestati». Anzi, dimostrerà che Citi «fu parte offesa della più grave bancarotta fraudolenta della storia italiana». Si fanno sentire anche i consumatori per sollecitare «l’ accertamento fino in fondo di tutte le responsabilità e a tutti i livelli». Quanto alla richiesta della Procura di Milano, «in caso di accoglimento i soldi confiscati» vadano «ai risparmiatori coinvolti nello scandalo», dice Carlo Rienzi, presidente di Codacons. RIPRODUZIONE RISERVATA.
-
Sezioni:
- Rassegna Stampa
-
Aree Tematiche:
- BANCA
- CRACK FINANZIARI