31 Gennaio 2019

Le metropolitane (e l’ abitacolo dell’ auto) sono più inquinate delle strade

 

Sostenibilità è sicuramente la parola chiave di questo millennio, ma a volte le strade per raggiungerla sono tortuose, sicuramente controintuitive. La sensazione di protezione che dà l’ abitacolo di un’ automobile, tanto per fare un esempio, è in realtà un’ illusione da tempo svelata : gli inquinanti sono maggiori in un’ automobile climatizzata che camminando in strada, sia quanto a sostanze chimiche sia quanto a polveri sottili . Almeno in Europa, le modalità di trasporto sia individuale sia collettivo sono tra le maggiori cause di inquinamento, anche se molti continuano a pensare che, ad esempio in città, siano gli impianti di riscaldamento domestico a essere responsabili dell’ inquinamento . Con il progresso scientifico cresce anche l’ informazione sui rischi insiti nello stile di vita attuale, specialmente quello vissuto dai cittadini delle grandi aree metropolitane. Guarda anche Anche un’ istituzione come il ” Tube ” di Londra , la metropolitana più antica al mondo (1863) inizia a mostrare la sua inadeguatezza a questo periodo sempre più “green” e consapevole. Nelle città inglesi dell’ Ottocento, narrate da Charles Dickens e aspramente criticate da Friedrich Engels , i cittadini esposti al velenoso smog (crasi di smoke e fog ) e alle penose condizioni abitative morivano come mosche, fino a che nel corso del Novecento l’ attenzione all’ igiene e alla qualità dell’ aria divennero legge . L a metropolitana era vista come simbolo di progresso , e rimedio alla congestione urbana, un’ immagine che dura ancora oggi, quando l’ Underground londinese ha superato i 400 km di estensione . Come in ogni medaglia, c’ è però un rovescio. L’ edizione online del The Guardian divulga notizia di uno studio di esperti del King’ s College, finora non ancora pubblicato, chiesto dalla stessa Transport for London (TfL), la società che gestisce la metropolitana, e incluso in un rapporto di un organismo governativo indipendente inglese che sorveglia gli effetti della qualità dell’ aria, il Comeap ( Committee on the Medical Effects of Air Pollutants ). I risultati della ricerca sono tali da aver spinto il Comeap ad avvertire TfL dei rischi per la salute cui sono soggetti i viaggiatori “sia nel breve sia nel lungo periodo di esposizione” agli inquinanti rilevati. Nelle stazioni sotterranee londinese la concentrazione rilevata di PM2,5 , il particolato sottile responsabile di molte patologie e relativa spesa sociale, appare trenta volte più alta del livello stradale . Il Comeap ha precisato che in un’ ora di permanenza nel Tube i passeggeri sarebbero esposti allo stesso tenore di inquinanti di un’ intera giornata passata nell’ ambiente urbano di superficie, mentre un identico tragitto percorso in autobus, che normalmente prenderebbe due volte e mezzo più tempo della metropolitana, esporrebbe i viaggiatori a un terzo dell’ inquinamento. A livello globale, questo problema è affrontato in modo sempre più attento dagli studiosi. È del 2017 un esteso studio sull’ inquinamento ambientale nelle metropolitane pubblicato sulla rivista Environment International da due studiosi cinesi, una nazione che si trova a fronteggiare un’ emergenza ecologica su scala continentale. I risultati sono poco rassicuranti: nelle metropolitane non viaggia soltanto il particolato sottile , ma anche gli idrocarburi aromatici , come il benzoapirene, oltre a funghi e batteri. Metropolitana a Milano durante la settimana della moda. Gabriel Bouys/AFP/Getty Images In Italia , il problema è arrivato a suscitare sospetti di occultamento dei dati, almeno per ciò che riguarda Roma , dove il Codacons ha chiesto ufficialmente ad Atac accesso ai dati rilevati, e lo scorso settembre la procura ha aperto un’ inchiesta sulla Linea B , mentre la A e la C farebbero rilevare dati nella norma. Nella ormai disastrata capitale i rilevamenti nella metropolitana vanno avanti da tempo , constatando tra l’ altro che i lavori di depolverizzazione – in sostanza un lavaggio, per i quali esisterebbe un solo convoglio specializzato, non sembrano essere regolari. In un video , alcuni macchinisti hanno mostrato uno stato delle gallerie davvero allarmante. Milano non sembra messa tanto meglio della capitale. Uno studio del 2016 compara l’ assorbimento del particolato ultrafine (PM 10, 2.5 e 1) muovendosi in metropolitana, con l’ automobile, in bicicletta e a piedi. La maggiore concentrazione di particolato è quella rilevata nella metropolitana. Ma da dove proviene tutto questo particolato nelle metropolitane? Secondo altri studi, dall’ usura di tutte le parti in movimento dei treni, principalmente metalliche (ferro, manganese, rame, zinco) come i freni, le ruote, i binari e il consumo dei cavi elettrici; ma c’ è anche il silicio, e altre sostanze ancora. Viaggiando nelle gallerie i treni si comportano come dei pistoni, sollevando e pompando un’ aria satura di particolato di varia natura. Quali sono quindi le alternative praticabili per tutelare la salute di milioni di passeggeri? Il fenomeno è ancora da troppo poco tempo sotto i riflettori, e poche sono le strategie finora note. Una sembra essere un efficiente condizionamento e filtratura dell’ aria nei vagoni. Sarebbe poi importante che le gallerie fossero frequentemente depolverizzate, cosa che al momento, tornando a ciò che si sa di Roma, sembra essere ancora casuale. Nel 2014 Londra, sempre secondo il Guardian , ha demolito il suo treno per la pulizia delle gallerie, poiché “non più idoneo”. A Londra si usano però “barre magnetiche” per ripulire le stazioni, vista la natura metallica del particolato. A proposito di mobilità, nell’ era delle opportunità digitali sembra in ogni caso che diversificare sia molto meglio che preferire . Se è vero che è muovendosi il meno possibile, e non il contrario, a far segnare i maggiori benefici economici, ambientali e sociali , per arrivarci bisogna intanto riequilibrare le diverse percentuali di traffico. È soprattutto incentivando il telelavoro e il lavoro flessibile (lo smart working ) che si potrà ulteriormente ridurre l’ esposizione dei cittadini agli inquinanti e recuperare spazio, tra l’ altro, alla ciclabilità e alla pedonalità. Nel frattempo, sembra che il buon vecchio autobus sia ancora molto competitivo rispetto alle nuove forme di trasporto collettivo di superficie, come il ride sharing e il microtransit proposte – non ancora qui da noi in Italia – da grossi player come Uber e Lyft, ma appena abbandonato da Ford .

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