La via giudiziaria ai problemi di smog Aperte più inchieste, ora ci prova il Codacons
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fonte:
- Corriere della Sera
Disastro ambientale e omicidio colposi. Sono le ipotesi di reato che il Codacons intende indicare nell’ esposto che nei prossimi giorni depositerà nelle Procure di diverse città italiane per richiamare l’ attenzione sul problema dello smog e chiedere l’ intervento della magistratura contro «l’ inefficienza delle amministrazioni pubbliche nel combattere l’ inquinamento atmosferico». Ad annunciarlo è il presidente dell’ associazione, Marco Donzelli, che mette in correlazione la scelta di rivolgersi alla giustizia con i dati «scioccanti e allarmanti» dell’ ultimo rapporto «Mal’ aria» di Legambiente. Tra i sindaci nel mirino c’ è anche Chiara Appendino. Secondo Donzelli, gli alti livelli di smog comportano «che moltissime persone ogni anno siano costrette a respirare aria malsana che provoca una serie di ripercussioni alla salute, migliaia di morti premature e malattie che vanno a pesare sul servizio sanitario nazionale. Di fronte a questi dati si fa troppo poco, e le persone continuano ad ammalarsi e morire». Secondo il report, sono solo 15 le città promosse, mentre è bocciato l’ 85 per cento di quelle analizzate. L’ attenzione, però, si focalizza sulle ultime della classifica: Torino, Roma, Palermo, Milano e Como. L’ argomento è spinoso e prima del Codacons altri hanno tentato la via giudiziaria per spingere le amministrazioni a mettere in atto provvedimenti più rigorosi per ridurre l’ inquinamento atmosferico: non solo quello provocato dalle famigerate Pm10, ma anche quello derivante dal biossido di azoto. Nell’ aprile del 2017 in Procura, a Torino, è stata avviata un’ inchiesta che è tuttora in corso. Il reato per il quale si procede è il 452 bis, «inquinamento ambientale»: un ecoreato entrato in vigore nel maggio del 2015. Il fascicolo è stato aperto dopo l’ esposto presentato dall’ avvocato Marino Careglio per conto del «Comitato Torino Respira». Nella denuncia si faceva riferimento ai dati del Servizio epidemiologico dell’ Arpa Piemonte, che confermavano che gli effetti sulla salute dell’ inquinamento atmosferico nella Città di Torino «provocano 900 morti all’ anno e riducono la speranza di vita dei cittadini di 22,4 mesi». L’ inchiesta, coordinata dal pm Gianfranco Colace, si è arricchita poi di due consulenze. Una prima annotazione è stata redatta dai carabinieri del Noe e punta a mettere a confronto i dati relativi ai livelli di Pm10 a Torino e nell’ area metropolitana con le misure di prevenzione e di abbattimento dei valori predisposti dalla pubblica amministrazione, quindi dai Comuni e dalla Regione all’ interno dei piani antismog. La seconda consulenza, di natura epidemiologica, è stata affidata al professore Annibale Biggeri dell’ Università di Firenze, che in passato ha svolto analoghi studi nell’ ambito dell’ inchiesta sull’ Ilva a Taranto. Al professor Biggeri è stato chiesto di analizzare l’ andamento dell’ inquinamento e le relative conseguenze sulla salute dei cittadini. In pratica, di capire se esiste un nesso causale tra gli alti livelli di Pm10 e di biossido di ozono e determinate patologie cliniche. La ricerca, di tipo «statistico», ha preso in esame l’ andamento del triennio 2015-2017 e ha messo in luce che nelle giornate in cui in città e in provincia si sono registrati «sforamenti dei livelli di Pm10» si è assistito a «un aumento del tasso di mortalità» nei soggetti affetti da patologie cliniche, per le quali l’ inquinamento dell’ aria rappresenta «un fattore di rischio».
simona lorenzetti
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