14 Luglio 2011

La scuola apre le porte a 67mila precari

Sono bastati quindici minuti, a palazzo Chigi, per tirar fuori numeri da apoteosi. Quasi sessantasettemila precari della scuola assunti, a far data dal prossimo primo settembre, nel triennio 201113. Per l’ esattezza, 30.482 infoltiranno le file dei docenti; 36.488, inquadrati sotto la sigla Ata, irrobustiranno le strutture tecnicoamministrative del sistema scolastico. In tempi di vacche magre, sono cifre che giustificherebbero l’ entusiasmo. Che, in effetti, impronta le varie dichiarazioni. Quindici minuti. Attorno al tavolo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il ministro dell’ Istruzione, Mariastella Gelmini, il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta. Interlocutori, i sindacati confederali e di categoria della scuola. Confronto non particolarmente aspro, forse una semplice ratifica di intese già concordate. Quanto basta, comunque, per diramare un comunicato che sprizza ottimismo ed efficientismo. Perché l’ accordo, sulla base dei posti vacanti disponibili in ciascun anno, «eviterà la formazione di nuovo precariato in futuro e risponde ad una nuova filosofia: prevede infatti esclusivamente assunzioni basate sul reale fabbisogno del sistema d’ istruzione, come sarà sempre, d’ ora in poi, per tutte le assunzioni nel mondo della scuola». Nella realtà dei fatti, quei sessantasettemila che si avviano a diventare, nell’ arco di tre anni, exprecari sono poco più di una goccia nel mare del precariato. Le liste di attesa provinciali sono oltre cento. Raccolgono oltre 250.000 professori di ruolo in pectore e qualcosa come 70.000 aspiranti a un posto da bidello o altri ruoli tecnici. Tutti col mito del "tempo indeterminato". Ma devono fare i conti, oltre che con la "nuova filosofia", con quelle liste d’ attesa provinciali, che saranno blindate fino ad esaurimento, e rinnovate di tre in tre anni. Liste in cui si compendia la vita- e le speranze- di gente anche prossima ai 50 anni. Che per decenni si è arrangiata con le supplenze. E ora guarderà come a un miraggio i "posti effettivamente liberi" nelle scuole, mentre dovrà misurarsi con le nuove procedure che il Miur, cioè il Ministero dell’ Istruzione, metterà a punto e pubblicherà a breve. E, quindi, con la concorrenza dei nuovi abilitati. I sindacati, comunque, incassano il risultato. Cauto fino all’ ovvietà il segretario generale della Cgil scuola, Mimmo Pantaleo, parla di «primo importante risultato che consente la stabilizzazione di una parte dei precari». Più vispo, e con venature trionfalistiche, Luigi Angeletti, segretario generale della Uil. Che azzarda il termine "svolta", rinvedica l’ accordo come l’ accogliemento da parte del governo «di una nostra richiesta». Per auspicare, alla fine, «una norma valida per tutto il pubblico impiego, per impedire che i contratti a termine siano procrastinati oltre i tre anni». Gongola Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, che giudica «straordinario» il risultato raggiunto in «un momento difficile come questo». E sviscera l’ insegnamento che si può trarre dalla vicenda: «Il problema del precariato si può affrontare con soluzioni graduali e non con la demagogia o il populismo». Forse prendeva di mira il Codacons. Che si unisce al coro e canta vittoria. Perché, spiega il segretario Carlo Rienzi: «Si tratta di un risultato importante raggiunto anche grazie alla class action contro i ministri Gelmini e Brunetta presentata dalla nostra associazione».
 

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