16 Maggio 2017

La manovra prova il colpo di magia: far scomparire le monetine di rame

La manovra prova il colpo di magia: far scomparire le monetine di rame

GIANLUCA BALDINI  In Italia ci sono polemiche che vanno avanti da decenni senza arrivare a una soluzione. Una di queste è quella legata all’ utilità delle monete da 1 de 2 centesimi. Parliamoci chiaro: non le accetta nessuno. Né le macchinette automatiche, né tantomeno il piccolo commerciante. Di solito sono solo le grandi catene di negozi ad accettarle. Ma quel che è più divertente, è che produrre una moneta da 1 centesimo costa molto più di quanto vale. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2015 l’ Italia ha speso 362 milioni di euro per mettere in circolazione monetine per 174 milioni. In Europa, poi, va anche peggio. Dal passaggio all’ euro nel 2002 a oggi sono state emesse oltre 46 miliardi di monete da 1 e 2 cent e in 10 anni il loro numero è aumentato di circa il 74%: oggi quasi una moneta messa in circolazione su due è da 1 o 2 cent. Ma a fronte di un numero complessivo molto elevato di monetine emesse, il loro valore totale è pari soltanto a 714 milioni di euro. Insomma, tanta spesa e poca resa. Del resto, non è un caso che Finlandia e Paesi Bassi abbiano già detto da tempo addio a queste monete.Per questo un emendamento del Pd alla manovrina-bis ha proposto che dal primo gennaio 2018 anche l’ Italia dica addio alle monete che provocano un signoraggio negativo (il provento che gli Stati ricavano attribuendo alle monete coniate un potere d’ acquisto superiore a quello del metallo in esse contenuto) per 1,4 miliardi di euro.All’ interno dell’ emendamento firmato da Sergio Boccadutri, un tempo tra le fila di Sel, si specifica che il risparmio derivante dallo stop al conio è destinato al Fondo per l’ ammortamento dei titoli di Stato. Un eventuale risparmio che viene quantificato in «almeno 20 milioni di euro ogni anno. Con decreto del ministro dell’ Economia e delle finanze, da adottarsi entro il primo settembre 2017», si legge, «si stabiliscono le modalità attraverso cui i pagamenti effettuati in contanti sono arrotondati nel periodo di sospensione».Nella relazione che accompagna l’ emendamento si spiega, inoltre, che «la quantità di monete che ciascuno Stato può coniare è approvata dalla Banca centrale europea» e che «spetta poi a ciascuno Stato provvedere al conio delle stesse». I costi di fabbricazione di ciascuna moneta da 1 centesimo, si rileva, «ammontano a circa 4,5 centesimi di euro; quelli di ciascuna moneta da 2 centesimi a 5,2 centesimi di euro».Ma il vero colpo di genio è che, eliminando queste monete, non solo risparmieremmo i costi di produzione ma, così facendo, si contribuirebbe a far salire l’ inflazione. È chiaro che, bloccando l’ emissione di questi centesimi, si presuppone un arrotondamento dei prezzi e in genere questo avviene sempre verso l’ alto.E questo non piace alle associazioni di consumatori. Già in passato Rosario Trefiletti di Federconsumatori e Elio Lanutti di Adusbef si erano scagliati contro questa ipotesi. In più di un’ occasione Trefiletti ha ribadito la sua contrarietà, sottolineando che questa è una scelta che alla fine ricade sulle spalle delle famiglie italiane. Dello stesso avviso Lannutti, «si sono mai visti ritocchi al ribasso?», si chiede. «In linea di principio i consumatori italiani sono favorevoli, ma siamo certi che in Italia il provvedimento sarà tradotto nel senso più sfavorevole ai consumatori e darà vita ad una raffica di rincari dei prezzi», sottolinea il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, in un comunicato. «Già all’ epoca del passaggio dalla lira all’ euro abbiamo avuto prova di come le leggi che regolavano gli arrotondamenti siano state violate in modo sistematico da esercenti, commercianti e professionisti, e i prezzi al dettaglio siano stati tutti modificati verso l’ alto, determinando una stangata media da “changeover” pari a 1.505 euro a famiglia solo nel 2002, anno dell’ introduzione della nuova valuta. Per questo non abbiamo alcun dubbio sul fatto che l’ eliminazione dei centesimi darà sfogo ad aggiustamenti dei listini al rialzo e a rincari selvaggi a danno delle famiglie, perché il Governo non è in grado di controllare i prezzi né sanzionare gli speculatori», conclude Rienzi.Tutte argomentazioni che non piacciono a Boccadutri. «Solo nella grande distribuzione le monetine sono utilizzate come resto, ma alla Gdo gestire un rotolo da 50 monetine da un centesimo ne costa 40. Un costo che evidentemente, alla fine, ricade sui consumatori».

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