La guerra (persa )contro gli enti inutili
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fonte:
- Il Tempo
tagli agli sprechi il primo tentativo di riforma risale al 1956: fu un fallimento poi le riforme mancate di calderoli e del governo renzi bocciato al referendum
Manuel Fondato Giuseppe Tomasi di Lampedusa vergando il suo celebre: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» che fa dire al Tancredi del suo Gattopardo, dimostrò di conoscere molto bene le caratteristiche di questo paese e della sua terra, la Sicilia, che tornerà presto a votare i suoi rappresentanti nelle sempiterne province, esempio di resistenza ad ogni tentativo di abolizione da parte delle istituzioni. La sfida tra le «forbici» del lo Stato e la pletora dei cosiddetti «enti inutili» affonda le radici addirittura nel secondo dopoguerra, quando la Repubblica era ancora nella propria infanzia. La prima legge «taglia -enti» risale infatti al 1956 ma è negli ultimi anni che il legislatore ha tentato ripetutamente la «ghigliottina», termine caro alla Lega ante Salvini. L’ allora Ministro Roberto Calderoli si battè come un leone contro gli sprechi: «Succederà una cosa che non è mai successa in Italia: cadrà la ghigliottina sugli enti inutili che non si sono ristrutturati, non hanno chiuso, non hanno ridotto il personale e non hanno tagliato le spese. Scompariranno circa 34 mila enti inutili che bruciano risorse solo per sopravvivere» annunciò solennemente. Era il 2009, l’ anno all’ attuale vicepresidente del Senato bocciarono ben 29 decreti di riordino per altrettanti enti. Il Consiglio di Stato dichiarò che erano scritti male, cioè che violavano i criteri stabiliti per legge. E così l’ elefantiaca macchina della burocrazia spesso spegne le velleità politi che che, altre volte, si infrangono contro iteressi locali e clientelari. Non c’ è solo il celebre caso del Cnel, abolito dal governo Renzi ma resuscitato dall’ esito fallimentare del referendum costituzionale e ancora vivo e in salute. Esistono ancora, spesso per inerzia, una pletora di microenti, un sottobosco fatto di sigle, sedi fantasma e mission improbabili, in cui è difficile muoversi, come testimonia la difficoltà di arrivare a un censimento «certificato» delle strutture che andrebbero soppresse. Il governo Monti elaborò una lista di 500 enti definiti con certezza «inutili» e il Codacons, nel 2015, stimò che eliminandoli si otterrebbero 10 miliardi di euro di risparmi l’ anno. Anche quando si arriva ad abolirne qualcuno, sovente il provvedimento si perde in una lunga sequenza di ricorsi e contro -ricorsi di fronte alla giustizia amministrativa. Province, comunità montane e il Cnel sono noto a tutti, più difficile individuare quelli che vivono in veri e propri coni d’ ombra, protetti da una ragnatela di consorzi, agenzie regionali, enti autonomi. Molti dei quali impiegano personale senza svolgere alcuna funzione, gestiscono sedi fantasma, ricevono finanziamenti per finalità che non svolgono più o non hanno mai svolto: dall’ Unione italiana Tiro a Segno fino al Centro piemontese di studi africani, passan do all’ Istituto di sviluppo ippico per la Sicilia e a quello per la conservazione della gondola e la tutela del gondoliere a Venezia. Emblematico anche il caso dell’ Unione nazionale per la lotta analfabetismo. Nata nel 1947 per un fine evidentemente prioritario nell’ Italia del secondo Dopoguerra, è ancora attiva. E, ovviamente, fa altro. Come recita la mission, tanto ambiziosa quanto linguisticamente «articolata», in bella evidenza sul sito internet: l’ Unla «si occupa principalmente della progettazione e della realizzazione di Progetti Speciali. Sono così chiamati perché caratterizzati da un insieme di iniziative tra loro articolate che si dipanano attorno ad un obiettivo comune con metodologia e mezzi specifici scelti oculatamente ed in relazione ai fini prefissati nonché agli ambiti di azione dei progetti stessi mirati alla tutela e recupero del territorio e dei beni culturali, alla realizzazione delle biblioteche, a corsi di aggiornamento rivolti ad operatori scolastici, all’ educazione e formazione professionale specie nel campo dell’ agricoltura». In alcuni casi, come la Fenice, muoiono per rinascere sotto altra forma come l’ Istituto per il commercio estero: abolito da Tremonti e da lui stesso resuscitato, e infine trasformato in Agenzia dai bocconiani. Poi c’ è il caso dell’ Indire (Istituto Nazionale di Documentazione per l’ Innovazione e la Ricerca Educativa): la Finanziaria 2007 l’ aveva chiuso e accorpato insieme agli Istituti regionali di ricerca educativa (Irre) nella nuova Ansas (Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’ autonomia scolastica). Nel luglio 2011, però, il colpo di scena: dal settembre 2012 via l’ Ansas, torna l’ Indire.
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